ASA e diabete: lo studio ASCEND
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Argomento: Medicina Clinica




 Nello studio ASCEND l'ASA ha ridotto, nei diabetici senza precenti cardiovascolari, il rischio di eventi cardiovascolari, con un aumento delle emorragie maggiori.


 Il ruolo dell'ASA nel diabete tipo 2 è stato oggetto di una recente pillola [1].
In essa si concludeva che attualmente la malattia diabetica non viene più considerata, di per sè, una condizione equivalente alla prevenzione secondaria per cui l'ASA dovrebbe essere somministrato ai diabetici con pregressi eventi cardiovascolari o cerebrovascolari, mentre in prevenzione primaria il suo uso andrebbe riservato, preferibilmente, ai soggetti con elevato rischio cardiovascolare per la presenza di altri fattori, purchè non sia presente un importante rischio emorragico.

Un ulteriore contributo al dibattito viene dalla pubblicazione dei risultati dello studio ASCEND [2]. Lo studio è stato contemporaneamente presentato a Monaco di Baviera al meeting dell'European Society of Cardiology.

Nello studio sono stati arruolati 15480 soggetti (età media 63 anni) affetti da diabete tipo 2 senza evidenza di malattia cardiovascolare. Si tratta quindi di uno studio di prevenzione primaria. 
I partecipanti sono stati randomizzati ad ASA (100 mg/die) oppure placebo. 
L'endpoint primario era di tipo composto: infarto miocardico, ictus, TIA, decesso da causa cardiovascolare). Il follow up medio è stato di 7,4 anni. 
L'ASA ha ridotto il rischio relativo di endpoint primario del 12%: 8,5% versus 9,6% (RR 0,88; 95%CI 0,79-0,97).
L'uso dell'ASA risultava associato ad un aumentato rischio di emorragie maggiori: 4,1% versus 3,2% (aumento del rischio relativo del 29%; 95%CI da 9% a 52%). La maggior parte delle emorragie risultava essere a livello gastrointestinale o extra-cranico.
Non si sono registrate differenze tra i due gruppi per quanto riguarda i tumori gastrointestinali o totali.

Interessante riportare alcune osservazioni del dibattito che è seguito alla presentazione dello studio.

Per esempio è stato fatto notare che solo poco più di un sesto dei soggetti arruolati poteva considerarsi ad alto rischio cardiovascolare. Tuttavia il dr. Jane Armital, uno degli autori dello studio, a queste obiezioni ha replicato che i risultati dello studio non variano nei vari sottogruppi di soggetti, compresi quelli a basso, medio ed elevato rischio cardiovascolare.

Un'altra osservazione interessante è stata fatta dal co-chair della ESC, il dr. F. Schiele: un evento emorragico è normalmente trattabile e forse non può essere paragonato ad un evento cardiovascolare maggiore. Il dr. Armital ha ribattuto che questa, in effetti, è una questione seria anche se gli eventi emorragici maggiori valutati nel trial erano di gravità tale da portare al ricovero del paziente e che da tali eventi potrebbe derivare il decesso. 

Come osservano gli autori c'è da dire che meno del 25% dei partecipanti assumeva un inbitore di pompa protonica: se si fosse fatto maggior uso dei PPI le emorragie a carico del tratto GI sarebbero state probabilmente minori.

Anche lo studio ACEND, quindi, pur essendo uno studio ben fatto, con importante casistica e lungo follow up, non chiarisce in pieno quale dovrebbe essere il ruolo dell'ASA in prevenzione primaria nei pazienti con diabete tipo 2. In futuro ulteriori studi potranno definire meglio come identificare i diabetici che possono trarre i maggiori benefici da questo tipo di approccio.


Renato Rossi


Bibliografia

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6792

2. The ASCEND Study Collaborative Group. Effects of Aspirin for Primary Prevention in Persons with Diabetes Mellitus. N Engl J Med. Pubblicato il 26 agosto 2018.
 







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