Ridurre il sale nello scompenso cardiaco: e' davvero utile?
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Argomento: Medicina Clinica





 Una revisione sistematica suggerisce che la raccomandazione di ridurre l'introito di sale nello scompenso cardiaco non è basata su evidenze sicure.


In accordo con le raccomandazioni delle linee guida, ai pazienti con scompenso cardiaco si consiglia di limitare l'introito di sale.

Ma una revisione sistematica della letteratura suggerisce che questa pratica non si basa su evidenze solide [1].

Questa conclusione si basa su un'ampia analisi delle prove disponbibili: su 2655 referenze bigliografiche solamente 9 sono state selezionate per l'analisi (con pochissimi partecipanti: 479). 

Nessuno degli studi analizzati ha fornito dati sufficienti per valutare endpoint hard primari clinicamente rilevanti (mortalità totale e cardiovascolare, eventi avversi come ictus e infarto).

Solamente quattro studi hanno fornito dati su endpoint secondari (per esempio ospedalizzazioni, durata dei ricoveri, cambiamenti nella classe funzionale NYHA, cambiamenti della pressione arteriosa). 
In due studi la restrizione di sale ha migliorato significativamente la classe NYHA, negli altri due studi la restrizione non ha comportato nessun miglioramento della classe NYHA.

Gli autori concludono che mancano evidenze affidabili per confermare o rifiutare la pratica ampiamente adottata di consigliare una riduzione dell'introito di sale ai pazienti con scompenso cardiaco.

Che dire?

Il risultato della revisione è deludente anche per la scarsa disponibilità di studi: sarebbero necessari RCT adeguati per poter affermare che quanto consigliamo ai pazienti con scompenso cardiaco circa l'introito di sale è basato su fondamenta solide. Cambieranno le linee guida?


Renato Rossi


Bibliografia

1. Mahtani KR et al. Reduced Salt Intake for Heart Failure. A Systematic Review. JAMA Intern Med. Pubblicato online il 5 novembre 2018.







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