“Passare i compiti” negli esami pubblici puo’ essere reato
Data:
Argomento: Normative di interesse sanitario





Il caso riguarda specificamente l’ esame per il conseguimento della patente, ma i principi enunciati dalla Cassazione potrebbero essere applicati anche in altra fattispecie e rivestono carattere di reato per entrambi gli interessati. (Cass 25027/2020).


I fatti:
Un soggetto era stato condannato dai giudici di merito perche’, in collegamento via cellulare suggeriva a un esaminando le risposte ai test per la prova teorica per l’ ottenimento della patente di guida.
Essendo stato scoperto, e non avendo quindi raggiunto lo scopo veniva denunciato per tentato falso in atto pubblico per induzione.

La discussione, in Cassazione, si riferiva alla legge n. 475/1925: per i difensori andava considerato l’ art. 1 che punisce in sostanza chi presenti come propri lavori o studi prodotti da altri (quindi responsabilita’ a carico del concorrente).
Per la Cassazione invece  andava considerato l’ art. 2 della stessa legge che invece punisce chi “procura”, anche oralmente, il materiale incriminato allo scopo di trarre in inganno gli esaminatori.
Le pene non sono indifferenti: a seconda delle circostanze (ottenimento o meno dello scopo truffaldino, abitualita’ ecc.) si puo arrivare alla reclusione da uno a tre anni.

Insomma la vecchia abitudine scolastica di passarsi le risposte ai compiti in classe puo’ diventarem in eta’ adulta e in contesti istituzionali, addirittura reato penale.

Daniele Zamperini






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