Stress test dopo angioplastica: è utile?
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Argomento: Medicina Clinica




 Lo studio POST-PCI non ha dimostrato un beneficio dall’eseguire uno stress test dopo 12 mesi da un intervento di angioplastica coronarica.


Spesso dopo 12 mesi da un intervento di rivascolarizzazione coronarica il paziente viene sottoposto a stress test (quasi sempre un elettrocardiogramma da sforzo) nonostante l’ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri) non lo consigli a meno che non vi siano sintomi indicativi di ischemia cardiaca [1]. Questa raccomandazione è basata sul fatto che non esistono al momento prove a sostegno della pratica.

Lo studio POST-PCI (presentato al meeting annuale dell’European Society of Cardiology, svoltosi a Barcellona dal 26 al 29 agosto 2022 e pubblicato contemporaneamente dal New England Journal of Medicine) ha valutato se effettivamente richiedere uno stress test dopo un intervento di PCI sia utile rispetto a una strategia più conservativa [2].
Sono stati reclutati 1706 pazienti ad alto rischio cardiovascolare sottoposti a PCI, sottoposti, dopo 12 mesi dall’intervento, a un follow-up standard oppure a stress test (ECG da sforzo, stress test nucleare o ecocardiografico).
L’endpoint primario era di tipo composto: morte da tutte le cause, infarto miocardico o ospedalizzazione per angina instabile a 2 anni. Questo endpoint si è verificato nel 5,5% dei casi nel gruppo sottoposto a stress test e nel 6,0% dei casi nel gruppo di controllo (differenza statisticamente non significativa, p = 0,62).
Sempre a 2 anni una coronarografia venne eseguita rispettivamente nel 12,3% e nel 9,3%, mentre una rivascolarizzazione coronarica fu effettuata nell’8,1% e nel 5,8%.

In conclusione lo studio suggerisce che non sempre fare di più è meglio: nel caso di pazienti sottoposti a rivascolarizzazione coronarica che siano asintomatici prevedere uno stress test a distanza di 1 anno dall’intervento non solo non migliora gli esiti a 2 anni, ma aumenta il rischio di essere sottoposti a coronarografia o nuovo intervento. Lo studio è tanto più significativo in quanto ha riguardato pazienti che erano ritenuti a rischio elevato o per la complessità delle lesioni coronariche oppure per le caratteristiche cliniche.
Un editoriale di commento [3] nota che la percentuale di eventi è stata bassa in entrambi i gruppi e questo probabilmente dipende dal fatto che ormai questa tipologia di pazienti è trattata con le migliori terapie suggerite dalle linee guida (antidislipidemici, antiaggreganti, antipertensivi).
Insomma conta di più trattare bene i pazienti che seguirli con un follow-up troppo aggressivo. Diverso ovviamente nel caso di pazienti sintomatici che devono essere studiati sia con stress test che eventualmente con coronarografia.

Renato Rossi


Bibliografia

1. http://tinyurl.com/mry4px9z

2. Park D-K et al. for the POST-PCI Investigators. Routine Functional Testing or Standard Care in High-Risk Patients after PCI. N Engl J Med. Pubblicato online il 28 agosto 2022. DOI: 10.1056/NEJMoa2208335

3.      Tamis-Hollande JE. Surveillance Stress Testing “POST-PCI” — A Future Class III Recommendation? N Engl J Med. Pubblicato online il 28 agosto 2022. DOI: 10.1056/NEJMe2210021







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