Percepire indennita’ di esclusivita’ e visitare privatamente: truffa
Data:
Argomento: Normative di interesse sanitario




Confermata la condanna per il reato di truffa per il medico che, autorizzato all'attività intra moenia, percepisce l'indennità di esclusiva ma continua a visitare privatamente (Cass. 19129/2023)


I fatti: 
Un sanitario, dirigente medico presso un Ospedale, avendo con lo stesso un rapporto di esclusivita’, percependone la relativa indennità effettuava prestazioni mediche a pagamento in regime privatistico presso l'ospedale e in ambulatori privati.

Veniva condannato dalle Corti di merito per il reato di truffa aggravata.

Il medico ricorreva in Cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza in quanto, a suo dire, il giudice d'appello aveva omesso di valutare o non aveva ben considerato i documenti dimostrativi della insussistenza del reato di truffa, il primo dei quali costituito dall'autorizzazione all'esercizio dell'attività professionale extra moenia presso le strutture indicate nel capo d'imputazione, rilasciata all'imputato dal direttore sanitario di presidio.
Inoltre era stata allegata documentazione avente in oggetto la restituzione delle fatture non utilizzate, relative all'attività extra moenia, a dimostrazione della conoscenza da parte della direzione sanitaria del fatto che che il medico esercitava detta attività professionale con bollettari forniti dall'amministrazione. 
Ulteriore elemento a discolpa, dal verbale di accertamenti eseguiti presso la direzione amministrativa dell'ospedale dai Carabinieri del N.A.S. risultava che l'imputato aveva sempre versato le somme derivanti dall'attività professionale extra moenia, non essendovi quindi stato alcun indebito arricchimento, con relativo danno per la pubblica amministrazione.

La Cassazione respingeva il ricorso. 

La Corte sottolineava il fatto che la Corte di Appello aveva affermato  "con motivazione logica e incensurabile, che quella evocata dalla difesa, rilasciata dal direttore sanitario senza alcuna delega del direttore generale, non era una efficace autorizzazione ("visto si autorizza"), tant'è che, prima del 2011, il medico era stato autorizzato a svolgere attività libero professionale ma solo intra moenia e per visite domiciliari, con provvedimento del direttore generale".

Era stato poi evidenziato dall’ accusa che "il pagamento della indennità mensile per le prestazioni (teoricamente) effettuate in regime di esclusività conforta ulteriormente la convinzione che non fosse a conoscenza del rilascio di una rituale autorizzazione che avrebbe automaticamente comportato una decurtazione stipendiale".

Senza contare l’ altro aspetto, desunto dalle “conversazioni intercettate e soprattutto dalle dichiarazioni di numerosi pazienti, che l'imputato effettuava visite presso vari studi privati percependo compensi senza il rilascio di alcuna documentazione fiscale, occultati all' amministrazione (oltre che al fisco)”.

In definitiva, percio’, la Corte riteneva insussistenti i motivi portati a discolpa e confermava la condanna del medico. 

Daniele Zamperini







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