Non basta al medico di guardia suggerire esami diagnostici
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Argomento: Normative di interesse sanitario




Non e’ sufficiente al medico di guardia indicare al paziente di provvedere egli stesso all'esame diagnostico, ma qualora la sintomatologia lo richieda sottintendendo una ipotesi diagnostica piu’ grave, deve farsene carico disponendolo presso struttura apposita  indirizzandovi il paziente (Cass. 19372/2021)


I fatti:
Un paziente 43enne accedeva alla Guardia Medica per una sintomatologia caratterizzata da dolore "sordo, oppressivo, come di mancanza d'aria".
Il sanitario diagnosticava stato ansioso da stress e rinviava il paziente senza ulteriori accertamenti.
Il paziente decedeva pochi giorni dopo per dissecazione aortica.

I familiari presentavano istanza di risarcimento verso il medico e verso l’ Ente per l’ errata diagnosi  
che aveva condotto all'incauta dimissione del paziente.
La domanda veniva respinta in primo grado, ma veniva invece accolta, dopo rinnovo della CTU, in Appello, allorche’ emergeva la responsabilità del medico per la condotta negligente tenuta in occasione della visita.

In realta’ non veniva imputata al sanitario la mancata diagnosi di una dissecazione aortica, seppur in fase iniziale, bensì "la mancata prosecuzione dell'iter diagnostico di fronte ad una sintomatologia dolorosa toracica persistente che necessitava di un approfondimento clinico-strumentale al fine di pervenire all'accertamento della natura del dolore".
Infatti, per i giudici, di fronte  a un paziente che presentava un dolore "sordo, oppressivo, come di mancanza d'aria", il sanitario avrebbe dovuto considerare la necessità di una effettiva diagnosi differenziale e quindi avviarlo presso una struttura sanitaria idonea. 

Tra l'altro si sottolineava come il dolore da stress viene considerato come "l'ultimo dei dolori toracici in una scala da 1 a 10 di possibili cause (IASP) ed è veramente insolito considerarlo tale senza fare altre indagini, tanto più in paziente giovane, di 43 anni, anamnesticamente esente da patologie di qualunque organo od apparato, con un elemento di rischio costituito dal fumo".

In conclusione, quindi, un immediato invio del paziente presto una struttura sanitaria per i necessari approfondimenti diagnostici avrebbe consentito una tempestiva diagnosi e un trattamento chirurgico con buone possibilità di sopravvivenza. 
Non era sufficiente la sola indicazione di effettuare accertamenti diagnostici

Il medico si opponeva in Cassazione sostenendo l'esenzione di responsabilità in quanto medico operante in guardia medica e sostenendo l’ "autoresponsabilità del paziente" che non aveva correttamente seguito la sua "prescrizione medica".

La Suprema Corte specificava che: "non risponde il medico di guardia medica della morte del paziente visitato e dimesso, con apposita prescrizione farmacologica, allorchè non risulti verificato l'inadempimento del sanitario nella forma di condotta omissiva ovvero nella forma di una diagnosi errata o di una misura di cautela non presa e, dunque, dove l'evento di danno non si ricolleghi deterministicamente, o in termini di probabilità, con la condotta del sanitario stesso".

 
Venivano respinte anche le altre censure, che contestavano lil fatto che "con i pochi strumenti che aveva a disposizione nel presidio locale di guardia medica (...), l'odierno ricorrente non avrebbe di certo potuto procedere in prima persona ad una diagnosi differenziale".

Tuttavia, evidenziava il Collegio, la prescrizione del medico si era risolta nella mera indicazione al paziente di provvedere, esso stesso, ad un approfondimento diagnostico nel caso di persistenza dei sintomi mentre "di quell'esame proprio il medico si sarebbe dovuto far carico, come misura di cautela, disponendolo anche presso struttura apposita".

Si ritiene accertata quindi l'idoneità lesiva della condotta omissiva del medico, mentre, secondo la sentenza di merito avallata dalla Cassazione "un sanitario dovrebbe sempre prendere in considerazione l'ipotesi che un dolore toracico sottenda un problema cardio - vascolare e quindi procedere ad un approfondimento diagnostico presso qualsiasi struttura sanitaria in grado di effettuare esami di primo e/o secondo livello", apparendo "ancora più lampante la negligenza ed imprudenza del sanitario nell'omettere l'approfondimento diagnostico-strumentale, indirizzando il paziente verso struttura dotata dei relativi mezzi".

La Cassazione quindi confermava la condanna a carico del medico e della struttura sanitaria. 

Daniele Zamperini







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