Supplementi vitaminici e mortalità nelle donne anziane
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Argomento: Medicina Clinica


Lo Iowa Women's Health Study suggerisce che alcuni supplementi di vitamine e minerali non sono utili in donne anziane e vi sono preoccupazioni circa il loro uso a lungo termine, addirittura con un aumento statistico del rischio di morte. Prudenti le conclusioni degli Autori



Lo Iowa Women's Health Study è uno studio di tipo osservazionale, iniziato nel 1986, nel quale vennero arruolate quasi 39.000 donne di età compresa tra 55 e 69 anni. Alla fine del follow up, nel 2008, era deceduto circa il 40% delle partecipanti.

Si è visto che l'uso di supplementi vitaminici risultava associato ad un aumento del rischio di morte statisticamente significativo del 2,4% in valore assoluto e del 6% in termini relativi.
In particolare risultarono associati ad un aumento della mortalità del 3-6% la vitamina B6, l'acido folico, il ferro, il magnesio e lo zinco, mentre l'aumento era del 18% per il rame.

Al contrario l'assunzione di calcio era associata ad una diminuzione della mortalità del 3,8% in termini assoluti e del 9% in termini relativi.

Gli autori sottolineano che l'assunzione di multivitaminici non risulta associata ad una riduzione della mortalità, anche se non si possono escludere benefici delle vitamine sulla qualità di vita.
Fonte:
1. Mursu J et al. Dietary Supplements and Mortality Rate in Older Women. The Iowa Women's Health Study. Arch Intern Med. 2011 Oct 10;171:1625-1633.
 
Commento di Renato Rossi
 
Ci sembra giusto ricordare che lo Iowa Womens's Health Study è uno studio di tipo osservazionale, quindi può essere gravato da vari tipi di errori sistematici. Per esempio l'assuzione di supplementi multivitaminici era autoriferito dalle partecipanti e sappiamo quanto talora i pazienti possano essere imprecisi o non ricordare bene quanto assumono.
Ancora: le donne che usavano supplementi multivitaminici, rispetto alle donne che non li usavano, avevano una educazione più elevata, erano fisicamente più attive e più facilmente usavano terapia ormonale sostitutiva per la menopausa. Vi è quindi un evidente bias che rende probabilmente poco paragonabili i due campioni.
Pertanto riteniamo che i risultati dello studio debbano essere interpretati con cautela.






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