Quando le statistiche mediche confondono le idee
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Argomento: Medicina Clinica


Il problema degli indicatori di sopravvivenza/mortalità è stato già trattato in maniera esauriente da Battaggia, Pucetti e Rossi in una “Pillola” del 2007(1) : lo spunto a tornare sull’argomento viene fornito da alcuni importanti articoli che sorprendentemente evidenziano come larga parte dei medici americani ed inglesi non sappiano interpretare correttamente i dati forniti dai comuni indicatori di sopravvivenza (2); non vi sono motivi ahimè per ritenere che i medici italiani siano in questo ambito più preparati di quelli inglesi ed americani. Con alcune osservazioni sintetiche cercherò di chiarire il problema.
Riccardo De Gobbi



In oncologia vengono comunemente usate le percentuali di sopravvivenza a cinque anni dei pazienti sottoposti a screening od a protocolli terapeutici.

Anche riviste prestigiose, quali Il Journal of Clinical Oncology(3), il New England Journal of Medicine(4) ed il Lancet Oncology(5) hanno utilizzato i tassi di sopravvivenza per dimostrare la efficacia dello screening mammografico, della tac toracica spirale e di altri progetti di screening.
In realtà l’uso dei tassi di sopravvivenza può portare a conclusioni errate ed ingannevoli, come ha dimostrato tra l’altro la clamorosa ed infondata dichiarazione di Rudolph Giuliani, sindaco di New York, che nel 2007 affermò che essendo affetto da cancro alla prostata ed essendo stato curato negli Stati Uniti le probabilità di sopravvivenza a cinque anni erano dell’82% contro il 44% che gli avrebbe potuto offrire la “medicina sociale” del Regno Unito (U.K.). (6)
La forte risonanza mediatica della dichiarazione portò ad una indagine accurata che evidenziò come i tassi di mortalità per cancro alla prostata non presentassero significative differenze in USA e U.K..
Come spiegare il paradosso?
Due semplici fenomeni, ben noti a biologi e statistici ma praticamente ignorati negli articoli divulgativi, rendono ragione del paradosso che un tasso di mortalità sovrapponibile può essere tradotto in tassi di sopravvivenza che variano tra il 44 e l’82%.
 
Il primo fenomeno è un famoso bias della anticipazione: la diagnosi anticipata comporta in ogni caso una aumentata sopravvivenza a 5 anni, anche nei casi in cui non sia disponibile alcuna terapia, così come la diagnosi tardiva comporta una diminuzione della sopravvivenza. Il secondo fenomeno è quello della over-diagnosi, particolarmente frequente nei tumori prostatici.
Un uso sistematico ed aggressivo della diagnosi precoce porta ad evidenziare forme tumorali a bassa aggressività che, specie nei pazienti più anziani, non avrebbero mai comportato problemi di sopravvivenza. (7)
Vi è tuttavia un prezioso e semplice indicatore statistico che consente di dirimere ogni dubbio: il coefficiente di correlazione “ r ”: fin dall’anno 2000 uno studio rigoroso, ma poco noto e diffuso, ha dimostrato che non vi è alcuna correlazione tra i tassi di sopravvivenza e quelli di mortalità per le principali 20 forme tumorali, negli ultimi 50 anni. (8) In termini numerico-statistici gli autori dello studio hanno dimostrato che tra i due indicatori ( sopravvivenza e mortalità ) il valore di r è eguale a zero: i due tassi cioè valutano eventi differenti ed indipendenti. Purtroppo questa semplice nozione è ignota alla larga maggioranza dei medici, che ritengono ingiustificatamente che tassi di sopravvivenza e tassi di mortalità siano sovrapponibili.
I medici interessati a valutare l’efficacia “quoad vitam” di screening e di nuove terapie dovrebbero dunque richiedere ed esaminare innanzitutto i tassi di mortalità, diffidando di tutti gli studi e gli eventi formativi che si limitano a presentare solo i tassi di sopravvivenza, in particolar modo se limitati a 5 anni.
 
Conclusioni: In tutto il modo occidentale la larghissima maggioranza dei medici pratici ha una conoscenza superficiale di matematica e statistica e tende ad accettare acriticamente tutto ciò che è suffragato da dati ed indicatori. Purtroppo molti studi anche su argomenti di grande interesse socio-sanitario utilizzano indicatori, quali i tassi di sopravvivenza, che sono forse utili ad infondere ottimismo in medici e pazienti, ma rischiano di portarci a conclusioni e quindi a decisioni errate. E’ quindi indispensabile migliorare le nostre conoscenze degli elementi basilari della epidemiologia e della statistica e valutare sempre criticamente dati e notizie anche se provenienti da fonti autorevoli .
 
Sullo stesso argomento si rimanda anche ad una pillola precedente:
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5441
 
Riccardo De Gobbi
 
Bibliografia
1) A. Battaggia L. Pucetti R. Rossi : Sopravvivenza e mortalità: come interpretare correttamente i dati degli studi. http://www.pillole.org/public/aspnuke/articles.asp?id=107&page=1
2) Wegwarth O, Schwartz LM, Woloshin S, Gaissmaier W, Gigerenzer G.: Do physicians understand cancer screening statistics? A national survey of primary care physicians. Ann Intern Med 2012;156:340-9.
3) Badgwell BD, Giordano SH, Duan ZZ, Fang S, Bedrosian I, Kuerer HM, et al.
Mammography before diagnosis among women age 80 years and older with breast cancer. J Clin Oncol 2009;26:2482-8.
4) Henschke C, the International Early Lung Cancer Action Program investigators. Survival of patients with stage I lung cancer detected on CT screening. New Engl J Med 2006;355:1763-71.
5) Verdecchia A, Francisci S, Brenner H, Gatta G, Micheli A, Mangone L, et al. :Recent cancer survival in Europe: a 2000-02 period analysis of EUROCARE-4 data. Lancet Oncol 2007;8:784-96.
6) Gigerenzer G, Gaissmaier W, Kurz-Milcke E, Schwartz LM, Woloshin S. :Helping doctors and patients make sense of health statistics. Psychol Sci Public Interest 2007;8:53-96.
7) Gigerenzer G, Wegwarth O: Five year survival rates can mislead
Medical trainers and journals need to help get the message across BMJ 2013;346:f548
8) Welch HG, Schwartz LM, Woloshin S. Are increasing 5-year survival rates evidence of success against cancer? JAMA 2000;283:2975-8.





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