L' encefalopatia epatica
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Argomento: Medicina Clinica


Una breve sintesi sulla diagnosi e il trattamento dell'encefalopatia epatica.

L'encefalopatia epatica e’, come dice il nome, una condizione patologica caratterizzata da alterazioni neurologiche e psichiche causate da una insufficienza epatica.

 
Classicamente si distinguono tre tipi di encefalopatia epatica:
 
- tipo A: dovuto ad una insufficienza epatica acuta
- tipo B: causato da uno shunt porto-sistemico senza che vi sia una patologia epatica associata
- tipo C: riconosce la sua patogenesi nella insufficienza epatica cronica da cirrosi epatica.
Il tipo C e’ quello piu’ frequentemente osservato nella pratica.
 
Dal punto di vista clinico, invece, l'encefalopatia epatica puo’ essere evidente quando sono presenti segni e sintomi neurologici oppure apparentemente asintomatica, nel qual caso puo’ essere dimostrata solo con particolari test psicometrici ed elettrofisiologici.
 
Vi sono numerose teorie per spiegare la patogenesi dellla sintomatologia neurologica che compare in corso di insufficienza epatica. In generale, comunque, si ritiene che tutto dipenda da una azione tossica di varie sostanze come per esempio l'ammonio prodotto a livello intestinale dalla flora batterica, la tiramina, l' acido gamma aminobutirrico (neuroinibitore prodotto nel tratto gastrointetsinale), etc. Queste sostanze, non piu’ metabolizzate a livello epatico, si accumulano in maniera patologica nell'organismo ed esplicano la loro azione dannosa a livello del sistema nervoso centrale.
 
Le forme conclamate sono tipicamente distinte in quattro stadi.
Lo stadio 1 e’ caratterizzato da sintomi lievi come diminuita concentrazione, disturbi del sonno, ansia o depressione, tremori (flapping tremor).
Lo stadio 2 e’ caratterizzato soprattutto da disorientamento spazio-temporale, perdita della memoria a breve termine, sonnolenza, disartria e atassia.
Nello stadio 3 il paziente appare sempre piu’ assopito e confuso e possono esserci nistagmo e rigidita’ muscolare.
Lo stadio 4 e’ caratterizzato dal coma vero e proprio.
 
Fattori precipitanti sono le infezioni, l'ipopotassiemia, la disidratazione, l'uso eccessivo di diuretici, l'insufficienza renale, i sanguinamenti del tratto gastroenterico, l'alcol, dosi eccessive di sedativi o ipnotici, la stipsi protratta, la dieta iperproteica.
 
La prognosi dipende da vari fattori tra cui la possibilita’ di correggere fattori precipitanti.
 
La terapia vera e propria si basa soprattutto sulla pulizia dell'intestino con l'uso di lattulosio o lattilolo oppure con clismi. Vengoni usati anche antibiotici non assorbibili come la neomicina e la rifaximina.
E' inoltre necessario impostare una dieta a basso contenuto proteico, dando la preferenza a proteine di origine vegetale. Si ricorre spesso anche all'infusione endovenosa di aminoacidi a catena ramificata. Altri trattamenti proposti sono lo zinco, L-ornitina L-aspartato, il sodio benzoato, L-carnitina, etc.
 
Piu’ interessante per il medico di Medicina Generale e’ la profilassi delle recidive dopo un primo episodio di encefalopatia epatica.
Anzitutto si consiglia di tenere pulito l'intestino con l'uso di disaccaridi (lattulosio e lattilolo) a dosi adeguate ad ottenere almeno due evacuazioni al giorno.
Recentemente e’ stato dimostrato che anche i probiotici sono efficaci nel ridurre il rischio di recidive [1]
In alcuni casi, soprattutto nei pazienti che sono andati incontro a episodi ricorrenti, si deve impostare una dieta a basso contenuto proteico. Ovviamente e’ necessario integrare lo scarso apporto proteico con l'aggiunta di aminoacidi a catena ramificata.
Infine si deve porre attenzione all'uso di farmaci che, nei casi di insufficiente funzione epatica, potrebbero essere controindicati o potenzialmente dannosi.
 
Renato Rossi

Bibliografia
1. Agrawal A et al. Secondary prophylaxis of hepatic encephalopathy in cirrhosis: An open-label, randomized controlled trial of lactulose, probiotics, and no therapy. Am J Gastroenterol 2012 Jul; 107:1043.
 
2. Bass NM et al. Rifaximin treatment in hepatic encephalopathy. N Engl J Med. 2010;362(12):1071-1081.





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