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Inibitori di Pompsa aumentano il rischio di frattura o quello di caduta?
Pubblicato da dzamperini in data 25/03/2015 00:00
Medicina Clinica
 Gli inibitori di pompa protonica (PPI) sono ampiamente usati negli anziani. Recenti studi hanno suggerito che la terapia a lungo termine con PPI è associata a fratture negli anziani, ma il meccanismo sottostante tale associazione resta sconosciuto, anche se varie sono state le ipotesi avanzate, quali il ridotto assorbimento intestinale di calcio, con conseguente aumento del riassorbimento osseo, o il malassorbimento della vitamina B12 o i problemi muscolari o di vista. Molte fratture da trauma, comprese quelle d’anca, si verificano in pazienti senza osteoporosi, e sono collegate all’aumento delle cadute.



 Partendo da queste premesse, gli autori di questo studio hanno indagato l’associazione tra terapia a lungo termine con PPI ( ≥ 1 anno) e fattori di rischio di frattura, compresi la struttura dell’osso, le cadute e le funzioni relative all’equilibrio, in un’analisi post hoc di uno studio longitudinale di coorte basato-su-popolazione di donne anziane in postmenopausa (Calcium Intake Fracture Outcome Study – CAIFOS) ed hanno confermato i risultati in un secondo studio prospettico di cadute in donne anziane in postmenopausa.

Risultati:

La terapia a lungo termine con PPI era assciata ad aumento del rischio di cadute e di ospedalizzazioni correlate-a-frattura, con una odds ratio aggiustata (AOR) di 2.17; 95% IC, 1.25-3.77; P = 0.006 e di 1.95; 95% IC, 1.20-3.16; P = 0.007, rispettivamente. Nello studio replicato, l’uso a lungo termine di PPi era associato ad un aumento del rischio di caduta auto-riportato: AOR, 1.51; 95% IC, 1.00-2.27; P = 0.049. Non è stata osservata associazione tra terapia a lungo termine con PPI e struttura dell’osso; invece, dai questionari è emerso un collegamento tra le cadute ed alcuni problemi, quali il limitare le attività fuori casa (P = 0.002) e le attività casalinghe (P = 0.001) per paura di cadere , le vertigini (P <0.001) e i piedi insensibili (P <0.017), inoltre, le misurazioni cliniche oggettive, quali il Timed Up and Go (P = 0.002) e il test di Romberg ad occhi chiusi (P = 0.025) sono alterate in maniera significativa nelle utilizzatrici di PPI. Le utilizzatrici a lungo termine di PPI hanno anche una maggiore probabilità di avere bassi livelli di vitamina B12 rispetto alle non-utilizzatrici (50% vs. 21%, P = 0.003).
Gli autori concludono che, in maniera simile a studi precedenti, è stato identificato un rischio maggiore di frattura in soggetti in terapia a lungo termine con PPI. Tale aumentato rischio di frattura in donne anziane, già ad alto rischio di frattura, sembra essere mediato non da un’alterata struttura ossea, bensì da un aumentato rischio di caduta.

Fonte:

Long-Term Proton Pump Inhibitor Therapy and Falls and Fractures in Elderly Women: A Prospective Cohort Study. Lewis JR e coll. Journal of Bone and Mineral Research DOI 10.1002/jbmr.2279

Precedenti riferimenti:





A cura di Patrizia Iaccarino

 
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