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Linee guida 2024 sulla fibrillazione atriale Parte 4
Pubblicato da dzamperini in data 16/08/2025 00:00
Medicina Clinica


Sono state pubblicate le linee guida della ESC sulla gestione della fibrillazione atriale. Parte quarta


In questa quarta pillola vedremo come gestire il controllo della frequenza e come ripristinare e mantenere il ritmo sinusale nel paziente con fibrillazione atriale (FA).
Il controllo della frequenza cardiaca è fondamentale anzitutto nelle forme acute, ma altrettanto lo è nelle forme croniche sia in aggiunta alla terapia per il controllo del ritmo sia quando si ritiene che il paziente possa rimanere con l'aritmia.

In molti pazienti è sufficiente mantenere la frequenza cardiaca al di sotto di 110 bpm, tuttavia una frequenza più bassa è necessaria se l'aritmia provoca ancora sintomi.

Nelle fasi acute per controllare la frequenza cardiaca si preferiscono i betabloccanti beta 1 selettivi; nei pazienti con FE > 40% possono essere usati anche verapamil o diltiazem. Se un singolo farmaco è insufficiente si può associare la digossina (in generale è opportuno non associare betabloccanti e verapamil o diltiazem).
Nei casi di grave scompenso emodinamico e FE ridotta: amiodarone per via venosa o digossina.
Per il controllo della frequenza a lungo termine si usano betabloccanti, verapamil, diltiazem, digossina. Può essere necessaria una terapia di associazione evitando in generale di associare verapamil e diltiazem con betabloccanti salvo casi molto selezionati. Di solito i betabloccanti sono la prima scelta mentre i calcioantagonisti sono un'alternativa se i betabloccanti sono inefficaci o non tollerati. L'amiodarone è una terza scelta nei casi in cui la frequenza non può essere controllata nemmeno con una terapia di associazione.
Nei pazienti in cui la terapia farmacologica non riesce a controllare la frequenza cardiaca si può ricorrere all'ablazione del nodo atrio-ventricolare associato all'impianto di un pacemaker. L'ablazione del nodo atrio-ventricolare e una terapia di resincronizzazione si considera nei pazienti con FA permanente, sintomatici e con almeno un ricovero per scompenso cardiaco.

Le linee guida passano poi ad esaminare una serie di raccomandazioni rivolte ai casi in cui si decide di ripristinare e mantenere il ritmo sinusale, esemplificate in varie tabelle esplicative alle pagine 41-48 del testo originale e che non è possibile riassumere nel breve spazio di questa pillola.
In particolare a pagina 41 vi è una flow-chart utile per decidere la strategia da adottare per la cardioversione (figura 12); a pagina 42 una tabella riassume i concetti generali circa il controllo del ritmo; a pagina 43 due tabelle per la cardioversione elettrica e farmacologica; a pagina 44 una tabella richiama i farmaci utilizzati per il ripristino del ritmo sinusale mentre a pagina 45 un'altra tabella riassume i farmaci usati per il controllo del ritmo a lungo termine; a pagina 46 vi sono le raccomandazioni per l'ablazione trans-catetere e a pagina 47 quelle per l'anticoagulazione nei pazienti sottoposti a questa procedura; infine a pagina 48 le raccomandazioni per l'ablazione durante chirurgia cardiaca.

Ci limitiamo in questa sede a riassumere la figura 12 di pagina 41 secondo la quale sono previsti essenzialmente tre scenari.

Primo scenario: Paziente emodinamicamente instabile
Cardioversione elettrica urgente e successiva anticoagulazione continuativamente (oppure per 4 settimane in casi ritenuti a basso rischio tromboembolico e se la durata della FA era di meno di 24 ore).

Secondo scenario: Paziente emodinamicamente stabile già in anticoagulazione da almeno 3 settimane
Si può procedere alla cardioversione elettrica o farmacologica oppure aspettare per vedere se si ripristina spontaneamente il ritmo sinusale; in seguito si deve decidere se continuare l'anticoagulazione a lungo termine oppure per 4 settimane (nei pazienti a basso rischio tromboembolico e se l'aritmia durava da meno di 24 ore).

Terzo scenario: Paziente emodinamicamente stabile non in anticoagulazione
1) ipotesi A: iniziare il prima possibile l'anticoagulazione se si ritiene che la cardioversione non possa essere rimandata: se l'aritmia dura da meno di 24 ore procedere subito con la cardioversione elettrica o farmacologica; se invece l'aritmia dura da più di 24 ore oppure la durata è incerta procedere con cardioversione guidata dall'ecocardiografia trans-esofagea per escludere la presenza di trombi intra-cavitari;
2) Ipotesi B: se si ritiene che la cardioversione possa attendere iniziare con l'anticoagulazione da protrarre per 3 settimane e quindi procedere con la cardioversione elettrica se necessario.
Sia nell'ipotesi A che B proseguire con l'anticoagulazione a lungo termine oppure per 4 settimane solo nei casi di basso rischio trombo-embolico e se l'aritmia durava da meno di 24 ore.


Renato Rossi

Bibliografia

1. Van Gelder IC et al. Linee guida ESC 2024 per la gestione della fibrillazione atriale, sviluppate in collaborazione con l'Associazione Europea di Chirurgia Cardio-Toracica (EACTS): sviluppate dalla task force per la gestione della fibrillazione atriale della Società Europea di Cardiologia (ESC), con il contributo speciale dell'Associazione Europea del Ritmo Cardiaco (EHRA) dell'ESC. Approvate dall'Organizzazione Europea per l'Ictus (ESO).
Rivista europea del cuore, ehae176, https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehae176
Pubblicato: 30 agosto 2024

 
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