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Lecito rivelare dati sensibili dei pazienti per difendersi in giudizio
Pubblicato da dzamperini in data 03/09/2012 00:00
Normative di interesse sanitario La Cassazione (III Penale n  35296/2011 ) ha confermato che non c’e’ violazione della privacy da parte del medico quando rivela i dati sensibili senza il consenso del paziente per difendersi in tribunale nei suoi confronti.
Daniele Zamperini

 I fatti:

Un medico pubblico dipendente, citato in giudizio in un procedimento civile da una paziente al fine di ottenere un risarcimento, si era difeso  utilizzando informazioni attinte dalla cartella clinica nonche’ altre informazioni attinenti lo stato di salute di quest’ ultima.
Era percio’ stato denunciato dall’ interessata con l’ accusa di aver abusato del suo ruolo in quanto aveva proceduto al trattamento dei dati personali attinenti allo stato di salute di una paziente senza il consenso dell'interessata e l'autorizzazione del garante, al di fuori delle ipotesi consentite dalla legge sulla privacy (Dlg n. 196/2003).

Il medico, a sua difesa, aveva sostenuto di avere agito per sostenere il proprio diritto alla difesa, costituzionalmente garantito.
Il GUP dichiarava il non luogo a procedere nei confronti del medico, per cui la paziente ricorreva in Cassazione.
La Suprema Corte (III Sez. penale, n. 35296/2011) rigettava pero’ il ricorso della paziente  richiamando il principio di diritto, circa il bilanciamento operato dal giudice di merito in favore dell’ imputato,  già enunciato dalle Sezioni Unite circa il trattamento dei dati sensibili: non costituisce violazione della relativa disciplina il loro utilizzo mediante lo svolgimento di attività processuale giacché detta disciplina non trova applicazione in via generale quando i dati stessi vengano raccolti e gestiti nell'ambito di un processo; in esso, infatti, la titolarità del trattamento spetta all'autorità giudiziaria e in tal sede vanno composte le diverse esigenze, rispettivamente, di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del diritto alla difesa.


Commento:
in realta’ il principio espresso nella sentenza non e’ nuovo: era gia’ stato esplicitato addirittura nella “Legge privacy” del 2003 ove, all’ alrt, 24 enumera i casi in cui e’ lecito il trattamento dei dati personali e sensibili di un soggetto anche senza il suo consenso. Riassumendo la parte che piu’ interessa, viene consentito il trattamento anche senza consenso:
·        Quando cio’ è necessario per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria;
·        quando  è necessario per eseguire obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l'interessato o per adempiere, prima della conclusione del contratto, a specifiche richieste dell’interessato;
·        quando  è necessario per la salvaguardia della vita o dell'incolumità fisica di un terzo.
·        con esclusione della diffusione, quando è necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7/12/07  n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento
 E’ importante percio’ tenere a mente che il diritto alla privacy, pur nella sua fondamentale importanza di diritto costituzionalmente garantito, non e’ assoluto e puo’ essere limitato da altri diritti di rango uguale o superiore.

Sarebbe del resto contrario ad ogni principio di ragionevolezza ammettere che il paziente possa avanzare false accuse, smentite dai fatti, senza pero’ che il medico possa portare questi fatti a sua difesa...
 
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