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Ipoglicemizzanti nel diabete tipo 2: confronto fra linee guida
Pubblicato da dzamperini in data 22/03/2013 00:00
Medicina Clinica Un confronto fra varie linee guida sul trattamento ipoglicemizzante del diabete tipo 2 mostra somiglianze e diversità per quanto riguarda l'approccio terapeutico.

Recentemente è stata pubblicata una pillola in cui venivano recensite le linee guida della Associazione Medici Diabetologi [1]. Si tratta di linee guida interessanti in quanto vi è un tentativo di "personalizzare" la terapia del paziente diabetico sulla base di alcuni parametri come il tipo di iperglicemia (se prevalentemente preprandiale o postprandiale), il BMI, il valore della emoglobina glicata. Il tutto è organizzato come un diagramma di flusso e sconta una relativa complessità difficile da riassumere nel breve spazio di una pillola. Si invita pertanto alla consultazione dell'algoritmo originale al link: http://www.aemmedi.it/algoritmi/.

A parere di chi scrive questa modalità di approccio è sicuramente innovativa ma potrebbe essere di difficile applicazione pratica, perlomeno nel setting della Medicina Generale.
 
Un tentativo per certi versi simile a quello italiano è stato fatto anche da alcune società scientifiche finlandesi ed è consultabile al link: http://www.terveysportti.fi/xmedia/ccs/varhainen_diabetes_en.html.
In un primo step si prevede di intervenire sullo stile di vita ed eventualmente di usare metformina.
In caso di mancata risposta viene consigliata l'aggiunta di un secondo farmaco ipoglicemizzante (da scegliere, senza preferenze, tra gliptine, glinidi, glitazoni, sulfoniluree) a meno che non vi sia una glicoemoglobina molto elevata o non vi siano sintomi, nel quale caso si consiglia l'aggiunta di insulina. Se con una combinazione di due farmaci orali non si ottiene ancora il controllo glicemico si consiglia l'aggiunta di un terzo farmaco (da scegliere tra quelli consigliati e non usati nel secondo step, ancora senza una preferenza particolare) oppure il ricorso all'insulina o a un GLP-1 agonista. In caso non si ottenga una risposta soddisfacente si deve ricorrere all'insulina eventualmente adottando uno schema di terapia intensiva a più iniezioni.
 
Anche l'American College of Physicians (ACP) ha pubblicato delle linee guida [2] sul trattamento ipoglicemizzante del diabete tipo 2, basandosi su una revisione sistematica della letteratura.
L'ACP consiglia di aggiungere un farmaco orale nei casi di diabete tipo 2 in cui le modificazioni dello stile di vita (dieta, esercizio, perdita di peso) non siano sufficienti a migliorare il controllo glicemico. Un livello ragionevole di controllo glicemico, per la maggior parte dei pazienti (ma non per tutti), è quello che permette di ottenere valori di emoglobina glicata inferiori al 7%. Il farmaco di prima scelta è la metformina, a meno che non vi siano controindicazioni (ridotta funzione renale, ridotta perfusione tissutale o instabilità emodinamica, epatopatie, abuso di alcol, scompenso cardiaco).

Nel caso la monoterapia con metformina sia insufficiente a controllare l'equilibrio glicemico si consiglia l'aggiunta di un secondo farmaco. Non ci sono però evidenze forti che permettano di preferire una associazione rispetto ad un'altra, anche se vi è qualche dato che suggerisce che le associazioni di due farmaci che comprendono la metformina sono più efficaci di associazioni diverse. La revisione non prende in considerazione associazioni di più di due farmaci.
Le evidenze sono insufficienti, inoltre, per stabilire la relativa efficacia dei vari farmaci in sottogruppi di pazienti (età, sesso, razza).
Peraltro è anche difficile trarre conclusioni circa l'efficacia comparativa dei vari farmaci su endpoint clinici importanti come la mortalità e gli eventi micro e macrovascolari, a causa della scarsità degli studi presenti in letteratura.

Le linee guida ricordano anche che le associazioni comportano maggiori effetti collaterali rispetto alla monoterapia. Ogni farmaco è gravato da effetti collaterali specifici. La metformina comporta effetti collaterali di tipo gastrointestinale; le sulfoniluree e le meglitinidi comportano un maggior rischio di ipoglicemia, i glitazoni una maggior incidenza di scompenso cardiaco.
Infine le linee guida rammentano che nei casi in cui la terapia orale non è in grado di controllare efficacemente l'ipoglicemia è necessario ricorrere all'insulina.
 
Una posizione simile a quella dell'ACP è stata recentemente espressa dall'American Diabetes Association e dalla European Association for the Study od Diabetes [6].
 
E' interessante un confronto fra le varie linee guida.
 
In molti punti esse forniscono raccomandazioni sostanzialmente simili, per esempio sul target di HbA1c e sulla metformina come farmaco di prima scelta. 
Divergono, per certi versi, negli step successivi:
 
- le linee guida americane ammettono che non ci sono evidenze forti, quando si tratta di scegliere quale farmaco aggiungere alla metformina e non forniscono raccomandazioni su una eventuale associazione di tre farmaci
- le linee guida finlandesi non consigliano un secondo farmaco in particolare da aggiungere alla metformina, basandosi sul fatto che l'effetto ipoglicemizzante dei vari farmaci orali è sostanzialmente simile
- le linee guida italiane suggeriscono determinati farmaci in base, come si è già detto, all'età del paziente, al tipo di iperglicemia (se prevalentemente a digiuno o post prandiale) e al valore di HbA1c. Queste raccomandazioni si basano soprattutto su considerazioni di tipo fisiopatologico e farmacologico, oltre che sulle esperienze cliniche degli autori stessi.
 
Che dire?
Che la metformina resti il farmaco di prima scelta nel paziente con diabete tipo 2 non
adeguatamente controllato dagli interventi sullo stile di vita è un dato che conferma precedenti linee guida e studi già recensiti da questa testata [3,4,5].
Quali farmaci usare in aggiunta alla metformina quando non si raggiunga un ragionevole controllo glicometabolico rimane invece ancora oggetto di dibattito mancando evidenze forti. La scelta si dovrà basare, quindi, da una parte su considerazioni di tipo fisiopatologico e farmacologico, ma anche sull'esperienza del medico con i vari antidiabetici, e dall'altra su alcune variabili (presenza di specifiche controindicazioni, intolleranze del singolo paziente, costi, etc.).
 
Renato Rossi
Bibliografia
 
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5423
2. Qaseem A et al. 1. Oral Pharmacologic Treatment of Type 2 Diabetes Mellitus: A Clinical
Practice Guideline From the American College of Physicians. Ann Intern Med. 2012;156:218-231
http://www.annals.org/content/156/3/218.full.pdf
3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5251
4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5203
5. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4308
6. http://care.diabetesjournals.org/content/early/2012/04/17/dc12-0413.full.pdf+html
 
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