La cheiroartropatia nel diabete di tipo 1
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Argomento: Medicina Clinica


Oltre alle complicanze più conosciute, macro- e microvascolari, il diabete si associa ad importanti alterazioni dell’apparato muscolo-scheletrico, spesso sottodiagnosticate. 

Uno studio americano ha valutato la prevalenza della cheiroartropatia nella coorte dei pazienti diabetici di tipo 1 arruolati nel Diabetes Control and Complications Trial (DCCT) e nella sua componente di follow-up, l’Epidemiology of Diabetes Interventions and Complications (EDIC). 

E’ stata inoltre valutata l’associazione della sindrome con diverse variabili, tra le quali le complicanze microangiopatiche e la terapia ipoglicemizzante intensiva o tradizionale.

La cheiroartropatia è stata definita come la presenza di almeno una tra le seguenti patologie: capsulite adesiva della spalla, sindrome del tunnel carpale, tenosinovite dei flessori, contrattura di Dupuytren e positività del “segno della preghiera”, cioè incapacità di congiungere le superfici palmari.

Attraverso un questionario autosomministrato è stata valutata la disabilità funzionale.
La cheiroartropatia è risultata presente nel 66% dei 1217 soggetti analizzati (64% nel gruppo in terapia intensiva e 68% nel gruppo in terapia standard) e associata positivamente con età, sesso femminile, maggiore durata del diabete, livelli più alti di emoglobina glicata, presenza di neuropatia e retinopatia. La sindrome ha determinato disabilità funzionale clinicamente significativa. 
Un terzo dei pazienti presentava una delle patologie, il 20% due ed il 10% tre. 
Delle singole patologie, la più frequente è risultata la capsulite adesiva (spalla congelata), presente nel 12%, seguita dal tunnel carpale (8%), dalla positività del “segno della preghiera” e dalla tenosinovite dei flessori (6% entrambe), e infine dalla contrattura di Dupuytren nell’1% dei casi.

Fonti 
1) Larkin ME, Barnie A, Braffett BH, et al. Musculoskeletal Complications in Type 1 Diabetes. Diabetes Care. 2014 Apr 10.PMID: 24722493
2) Cheiroarthropathy in Type 1 Diabetes Common, Underappreciated. Medscape, Jun 24, 2013 

Commento di Giampaolo Collecchia

E’ noto che il diabete si associa ad alterazioni muscolo-scheletriche, dalla predisposizione alla rottura di tendini in corso di terapia con fluorchinolonici, alla comparsa di osteoartropatia fino allo sviluppo del piede di Charcot. 

Sono peraltro descritte altre alterazioni muscolo-scheletriche, meno note, dalla nomenclatura piuttosto confusa, soprattutto a livello delle estremità superiori. Si parla infatti di mano diabetica, sindrome della mano rigida e ridotta mobilità articolare. 
Questo probabilmente per la variabile espressione clinica di anomalie fisiopatologiche comuni, spesso presenti nello stesso paziente, come evidenziato anche nello studio in oggetto. 
In esso si descrive la cheiroartropatia come “contenitore nosografico” di altre patologie, alcune molto comuni, mentre in genere viene identificata con la sindrome da ridotta mobilità articolare, definita anche come contrattura diabetica o sindrome della mano rigida [1,2]. Tale patologia, presente nello studio in oggetto nel 6% dei casi, è descritta soprattutto nel diabete tipo 1, ma anche nel tipo 2, peraltro con incidenze molto variabili a causa di fattori genetici o diagnosi non corrette (rispettivamente 8,4-55% e 4,2-76% dei casi versus 0-26% nella popolazione non diabetica). 

La sindrome è caratterizzata da aspetto simil sclerodermico delle mani con ispessimento ed indurimento cutaneo, sclerosi e retrazione delle guaine tendinee. Ciò provoca limitata motilità articolare, in genere delle piccole articolazioni delle mani ma talvolta estesa alle grosse articolazioni o alla colonna vertebrale. Nelle fasi iniziali il paziente riferisce rigidità, ridotta forza di presa, parestesie o modesto dolore alle dita che si aggravano lentamente nel tempo, anche se in genere non arrivano ad essere invalidanti. La ridotta mobilità può essere evidenziata dalla positività del “segno della preghiera”, cioè dalla incapacità di congiungere i due palmi delle mani, con il polso flesso al massimo, a causa della contrazione del tendine flessore. Non sono presenti fenomeno di Raynaud, ulcerazioni digitali o manifestazioni sistemiche tipiche della sclerodermia.

Come evidenziato anche nello studio in oggetto, esiste una forte associazione con la durata del diabete e la presenza di complicanze microangiopatiche. E’ pertanto importante che i pazienti affetti siano screenati per retinopatia e nefropatia.
Non vi sono esami di laboratorio diagnostici e le radiografie delle mani sono in genere normali o possono mostrare osteopenia. Ultrasuoni e risonanza magnetica possono evidenziare l’ispessimento tendineo [3,4].

Non è disponibile una terapia specifica. E’ importante il controllo glicemico perché l’incremento della glicosilazione non enzimatica del collagene sarebbe una componente fondamentale della etiopatogenesi multifattoriale. E’ consigliata la terapia fisica con un programma di chinesiterapia mobilizzante, attiva e passiva. L’uso precoce di splint correttivi permette di aumentare l’ampiezza del movimento e di contrastare l’evoluzione della flessione.

Bibliografia

1) Schiavon F et al. La mano diabetica. Reumatismo 2004; 56: 139-142
2) Cagliero E et al. Musculoskeletal disorders of the hand and shoulder in patients with diabetes mellitus. American Journal of Medicine 2002; 112: 487–490 
3) Ismail A et al. Ultrasonographic features of diabetic cheiroarthropathy. British Journal of Rheumatology 1996;35:676-679
4) Khanna G, Ferguson P. MRI of Diabetic Cheiroarthropathy. American Journal of Roentgenology 2007;188: W94-W95. 10.2214/AJR.06.0672   






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