Ipotensione ortostatica ritardata
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Argomento: Medicina Clinica




E' importante che il medico riconosca precocemente l'ipotensione ortostatica ritardata, una condizione potenzialmente pericolosa e che spesso evolve nella classica ipotensione ortostatica.


Quando si passa velocemente dalla posizione seduta o sdratiata a quella ortostatica si verifica una certa riduzione del ritorno venoso perchè il sangue tende a ristagnare a livello degli arti inferiori. Ne consegue una riduzione della gittata cardiaca e della pressione arteriosa che potrebbe portare ad una riduzione dell'afflusso di sangue al cervello, potenzialmente pericolosa se non entrassero in gioco meccanismi complessi di compenso (barocettori del glomo carotideo e dell'arco aortico, neurormoni, sistema autonomico, etc.) che determinano un riaggiustamento della pressione stessa. 

Questi meccanismi possono venire compromessi per varie cause: uso di certi farmaci (ipotensivi, diuretici, antipsicotici, antidepressivi, levodopa. etc.), emorragie o disidratazione, febbre elevata, morbo di Addison, aritmie, scompenso cardiaco, gravi anemie, ipofunzionalità dei barocettori aortici e del glomo carotideo, etc. 
Esiste anche una ipotensione ortostatica idiopatica che si ritiene sia una neuropatia del sistema autonomico.

La diagnosi può essere sospettata in base alla clinica e alla presenza di cause note e viene confermata dal rilievo di ipotensione quando il paziente assume bruscamente la posizione ortostatica. Si può ricorrere alla misurazione della pressione in clino e ortostatismo durante la normale visita ambulatoriale oppure si può utilizzare il tilt test. Quest'ultimo permette di controllare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca quando il paziente è in posizione sdraiata e in posizione ortostatica: di solito la misurazione di questi valori dura una decina di minuti durante la posizione sdraiata e circa mezz'ora durante l'ortostatismo.

Si parla di ipotensione ortostatica quando si ha una caduta della pressione sistolica di almeno 20 mmHg e/o della pressione diastolica di almeno 10 mmHg entro 3 minuti dalla assunzione dell'ortostatismo. Si parla invece di ipotensione ortostatica ritardata quando l'ipotensione si verifica dopo 3 minuti dall'ortostatismo.

Uno studio di tipo retrospettivo ha esaminato i dati di 230 soggetti sottoposti a tilt test. Hanno completato il follow up di 10 anni 48 soggetti con ipotensione ortostatica ritardata, 42 con ipotensione ortostatica e 75 controlli.
Si è visto che l'ipotensione ortostatica ritardata progrediva a ipotensione ortostatica nel 54% dei casi.
La mortalità era del 29% nei soggetti con ipotensione ortostatica ritardata, del 42% nei soggetti con ipotensione ortostatica e del 9% nei controlli.

Il messaggio pratico di questo studio può essere questo: l'ipotensione ortostatica ritardata non è una condizione benigna e andrebbe riconosciuta precocemente. Poichè per la diagnosi di ipotensione ortostatica non sempre si ricorre al tilt test ma ci si basa su una misurazione della pressione ambulatoriale effettuata dapprima con il paziente in clinostatismo e poi in ortostatismo sarebbe opportuno misurare la pressione anche dopo i canonici tre minuti. Se non si adotta questa metodica molti casi di ipotensione ortostatica ritardata possono sfuggire. L'ipotensione ortostatica ritardata può spiegare molti sintomi spesso poco chiari o confusi, soprattutto negli anziani. Il suo riconoscimento potrebbe aiutare il soggetto che ne soffre a mettere in atto manovre utili a ridurre il rischio di cadute, complicanza temibile di questa condizione.



Renato Rossi


Bibliografia

Gibbons CH et al. Clinical implications of delayed orthostatic hypotension. A 10-year follow-up study. Neurology 2015 Oct 20; 85:1362-1367







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