E' reato modificare la cartella clinica, anche se a fini di verita'
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Argomento: Normative di interesse sanitario


Cassazione penale , sez. V, 11 luglio 2005, n. 35167 : commette il reato di falso materiale in atto pubblico chi modifica le annotazioni di una cartella clinica anche se le modifiche corrispondono a verita’ perche’ un atto pubblico, allorche’ perfettamente formato, puo’ essere modificato solo per mere correzioni di errori materiali.

I fatti:

P.S.,  medico in servizio presso un pubblico ospedale, era stata condannata dal Tribunale di Bologna in quanto ritenuta colpevole del reato di falso materiale in atto pubblico avendo alterato, mediante cancellazione con correttore e riscrittura, la cartella clinica di un paziente in alcuni dei punti contenenti l'indicazione degli accertamenti e delle terapie cui lo stesso era stato sottoposto dopo un intervento chirurgico.

 La Dottoressa ricorreva in Cassazione adducendo, tra l’ altro, che le modifiche apportate in cartella non avevano realizzato una vera falsificazione ma al contrario avevano reso le indicazioni contenute nella cartella clinica conformi al vero, sostituendo alla generica annotazione "continua gli accertamenti" quella più specifica nella quale si dava atto del verificato rialzo pressorio e dell'avvenuta somministrazione di adeguata terapia.
Si eccepiva inoltre che il sanitario (che avrebbe effettuato il “falso” in seguito ad una precedente accusa di lesioni colpose) era stata assolta da tale accusa; inoltre la falsificazione della cartella clinica sarebbe rientrata, a parere della difesa,  nella specie del reato impossibile (data la facile rilevabilità, tale da rendere impossibile l’ inganno, della "sbianchettatura" che aveva preceduto la riscrittura).

Soprattutto si insisteva sul concetto che la correzione era volta non a creare la falsa apparenza del vero ma piuttosto a rendere l'atto conforme al vero.


La Cassazione respingeva tutte le argomentazioni della difesa.

- La precedente assoluzione per il reato di lesioni colpose appariva ininfluente ai fini della configurabilità del reato di falso

-Per quanto riguardava gli altri motivi, la Corte ricordava che, in base anche a precedenti sentenze (Cass. V, 21 aprile - 11 novembre 1983 n. 9423)  le modifiche o aggiunte in un atto pubblico dopo che è stato definitivamente formato integrano un falso punibile anche nel caso che il soggetto abbia agito per ristabilire la verità effettuale, in quanto tale modifiche (ammesse soltanto nel caso di correzione di errori materiali), determinano infatti una modificazione della verità documentale poiche’ per effetto dell'aggiunta postuma l'atto viene a rappresentare e documentare fatti diversi da quelli che rappresentava e documentava nel suo tenore originale.

Ammesse unicamente le mere correzioni o integrazioni che, lungi dal modificare l'elemento contenutistico dell'atto, già formalmente perfetto, siano invece dirette a completarne il procedimento di formazione.

Poiche’ la cartella clinica costituiva un atto pubblico perfettamente formato, (e dato che le modifiche apportate dall’ imputata non costituivano mera correzione di un errore materiale)  non viene annullata la rilevanza penale di tali correzioni, sia pure apportate per maggiore aderenza alla realta’. 

Ma non occorre che la cartella clinica sia conclusa o pienamente formata: ogni annotazione assume autonomo valore documentale ed esce dalla sfera di disponibilità del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata.

"La cartella clinica, della cui regolare compilazione è responsabile il primario, adempie alla funzione di diario della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, la cui annotazione deve quindi avvenire contestualmente al loro verificarsi, uscendo al tempo stesso dalla disponibilità del suo autore ed acquistando carattere di definitività, per cui tutte le successive modifiche, aggiunte, alterazioni e cancellazioni integrano falsità in atto pubblico".


Veniva respinta anche l’ argomentazione  basata sull’ innocuità del falso (in quanto la sbianchettatura era palesemente evidente e non idonea a trarre in inganno).
Ma- dice la Corte – per escludere la punibilita’ dell’ atto, non e’ sufficiente che il falso sia grossolanamente visibile, ma che appaia altrettanto evidente la sua natura di falso, in quanto le abrasioni e le correzioni potrebbero di per se’ ingannare ugualmente il lettore, venendo scambiate per “una correzione irregolare, ma non delittuosa, di un errore materiale compiuto durante la formazione del documento alterato dal suo stesso autore”. Ne’ puo’ sostenersi la mancanza di dolo in quanto in tema di falso non e’ possibile attribuire rilievo ai motivi che hanno determinato la condotta dell'agente.


 “ La fede pubblica, costituente il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice in questione, viene ad essere lesa anche quando, indipendentemente dal contenuto dell'atto pubblico, non vi sia corrispondenza tra l'effettivo "iter" di formazione del medesimo atto e quello che appare dal suo aspetto grafico, dandosi luogo anche in tale ipotesi alla falsa rappresentazione di una realtà giuridicamente rilevante; il che costituisce, a ben vedere, la vera ragione giustificativa del già ricordato orientamento interpretativo secondo cui sussiste il reato di falso ogni qual volta si intervenga con modifiche e su di un atto già definitivamente formato, pur quando l'intento dell'agente, sia quello di renderne il contenuto conforme al vero.”

Veniva quindi confermata la condanna del sanitario.
Daniele Zamperini – 25/11/2007







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