Perche' i pazienti curano male l' ipertensione?
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Argomento: Medicina Clinica


Un' analisi della letteratura ha permesso di determinare quali sono i motivi principali che portano i paziente ad una scarsa aderenza alla terapia antipertensiva.

I motivi della non compliance alla terapia antipertensiva

E' noto che l'ipertensione arteriosa è un importante fattore di rischio cardiovascolare ed è altrettanto noto che la terapia antipertensiva è in grado di ridurne le complicanze.
Trattandosi di una condizione cronica andrebbe trattata per tutta la vita, tuttavia è esperienza di ogni medico pratico che una percentuale non trascurabile di pazienti smette o non assume correttamente i farmaci ipotensivi prescritti, dato peraltro confermato da molte ricerche.
 
In effetti è sempre buona norma, quando un paziente sembra non rispondere al trattamento ipotensivo, accertarsi se i farmaci prescritti vengono assunti regolarmente e alle dosi corrette.
Spesso si scopre che la terapia non funziona semplicemente perchè non viene rispettata.
Ma quali sono le motivazioni che pertano i pazienti a essere poco aderenti alle prescrizioni del medico quando si tratta di ipertensione?

Per determinarlo è stata portata a termine una ricerca [1] degli studi presenti in letteratura.
La ricerca ha permesso di ritrovare 53 studi effettuati in 16 diversi paesi (tra gli altri: USA, Regno Unito, Brasile, Ghana, Finlandia, Danimarca, Tanzania, Spagna etc.).

I risultati sono interessanti in quanto la comprensione delle cause che determinano una non aderenza alla terapia possono aiutare il medico a meglio spiegare al paziente perchè e come i farmaci devono essere presi.
Si è visto che molti pazienti ritengono che la pressione elevata riscontrata dal medico derivi semplicemente da uno stato di stress, magari temporaneo; inoltre è credenza comune che l'ipertensione provochi dei sintomi (per esempio cefalea, vertigini o sudorazioni).
Per questi motivi molti pazienti pensano che le dosi dei farmaci prescritti vadano ridotte o che addirittura sia meglio sospendere la terapia quando non sono sotto stress oppure se non vi sono sintomi. E' un po' lo stesso fenomeno che porta l'asmatico a ritenere la sua malattia un fatto acuto ed episodico per cui tende a sospendere il trattamento quando sta bene.

Altri fattori che vengono additati come causa di non aderenza sono: la mancanza di tempo, la paura degi effetti collaterali oppure di diventare dipendenti dalla terapia, il costo dei farmaci, la mncanza di una copertura assicurativa (nei paesi in cui non vi è un Servizio Sanitario Nazionale universalistico), la dimenticanza.
Sui motivi della non aderenza sembra non influire la nazionalità e l'appartenenza ad un gruppo etnico piuttosto che ad un altro. Insomma, possiamo dire che quando si tratta di ipertensione davvero "tutto il mondo è paese".
 
Qual è il messaggio take away per il medico pratico?
E' evidente che su alcune delle cause di non compliance il medico curante ha buone possibilità di intervenire.
Anzitutto va spiegato al paziente che l'ipertensione arteriosa è una condizione cronica, che lo espone al rischio di complicanze gravi cardiache, cerebrali, renali, oculari.
Inoltre la mancanza di sintomi non significa che la pressione arteriosa sia sotto controllo, anzi quasi sempre i sintomi che il paziente imputa a valori elevati di pressione sono dovuti a cause differenti dall'ipertensione. In altre parole è necessario far comprendere che nella maggior parte dei casi l'ipertensione non provoca sintomi, almeno finchè non compaiono le complicanze.

Nello stesso modo un paziente può essere iperteso anche se non si sente particolarmente ansioso o sotto stress. Si deve insistere pertanto nell'enfatizzare la necessità di assumere "sempre" i farmaci consigliati dal medico e alle dosi corrette.

In alcuni casi (per esempio durante il periodo estivo) potrebbe essere necessario ridurre la dose, ma questo si potrà fare solo se sarà il medico a deciderlo.
 
Un altro punto importante sono gli effetti collaterali. E' noto che i farmaci antipertensivi possono provocare vari tipi di eventi avversi per cui è necessaria un'informazione dettagliata al paziente, avvertendolo che non sempre si tratta di effetti che necessitano di una sospensione del farmaco. I pazienti, non di rado, di fronte ad un effetto collaterale, sospendono il farmaco o ne riducono la dose di loro iniziativa. Invece è necessario avvisarli, all'inizio del trattamento, che potrebbe essere una pratica pericolosa: ogni effetto collaterale che si suppone possa essere legato al farmaco deve essere prontamente riferito al medico curante che potrà stabile se si deve cambiare terapia o se si può continuare a dosaggi minori.
 
Infine, visto che molti pazienti riferiscono che si dimenticano e/o non hanno tempo di assumere la la terapia, è opportuno che il medico, nell'impostare il trattamento, scelga modalità semplici che permettano una somministrazione dei farmaci una o due volte al giorno. Spesso il meglio è nemico del bene: è inutile impostare terapie complesse con plurisomminiitarzioni giornaliere se poi vi è il pericolo, reale, che non vengano rispettate.

Renato Rossi

Bibliografia
Marshall IJ et al. Lay perspectives on hypertension and drug adherence: systematic review of qualitative research. BMJ 2012 Jul 28;345:e3953





Questo Articolo proviene da Scienza e Professione - (Daniele Zamperini Medico)
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