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Leggere (e capire) uno studio clinico: non e' facile
Pubblicato da dzamperini in data 15/06/2023 00:00
Pensieri e opinioni professionali



Alcune riflessioni sui dubbi e sulle incertezze dell’arte medica.


La medicina non è una scienza esatta, eppure l’idea dominante è che da una serie di sintomi e segni il medico possa ricavare una diagnosi e poi una terapia quasi come un teorema matematico.
Ma è davvero così?

Prendiamo per esempio la terapia: quando prescriviamo un farmaco non possiamo essere certi che “quel” paziente ne trarrà beneficio. Si dirà: ma questo farmaco si è rivelato efficace in studi clinici randomizzati e controllati di buona qualità e i risultati sono stati confermati da varie revisioni sistematiche, quindi si tratta di una terapia “evidence based”.

Tuttavia va considerato che gli studi ci dicono solo che l’utilità è stata dimostrata a livello di popolazioni e ha riguardato solo una parte più o meno grande dei pazienti arruolati. Il nostro malato potrebbe essere uno di quelli che non ha risposto al trattamento.
Abbiamo quindi la “certezza statistica” che ci dice che quell’intervento è stato utile per una percentuale di soggetti, ma l’altra faccia della medaglia è rappresentata dall’incertezza clinica perché non sappiamo se il nostro malato ne trarrà davvero beneficio.

Supponiamo per esempio che in un RCT un farmaco abbia ridotto i decessi da infarto miocardico dal 10% al 7% in valori assoluti con una riduzione del rischio relativo del 30%. 
Tuttavia questa è solo la stima puntuale che viene sempre espressa insieme con l’intervallo di confidenza al 95%. 
Supponiamo che nel caso specifico vada dal 5% al 40%: HR 0,70; 95%CI 0,60-0,95. 
Questo ci dice che nella migliore delle ipotesi la riduzione è del 40% e nella peggiore del 5%: siamo perciò incerti su quanto sia realmente efficace il nostro intervento. 

L’utilità potrebbe essere grande ma anche solo marginale e poco significativa dal punto di vista clinico.

Si consideri, ancora, che nel caso specifico la riduzione del rischio assoluto è stata del 3%, il che porta a un numero di soggetti che è necessario trattare per avere un infarto in meno di 33. 
In altre parole solo un paziente su 33 trarrà beneficio dal trattamento, gli altri 32 assumeranno inutilmente il farmaco. 

L’ intervallo di confidenza al 95% per l’NNT andrà da 25 a 200: potrebbe trarre beneficio un paziente ogni 25 trattati ma anche uno ogni 200!
Infine: noi abbiamo la probabilità del 95% che la riduzione relativa vada dal 5% al 40%: rimane sempre la possibilità del 5% che la riduzione cada al di fuori di questo range di valori.

Questi aspetti, che sembrano solo delle complicazioni tecniche, in realtà dovrebbero sempre essere tenuti presenti quando prescriviamo una terapia perché ci permettono di non sopravvalutare l’efficacia dei nostri interventi.

Renato Rossi

Per approfondimenti:
Rossi RL. Zona d’ombra. Dubbi e incertezze tra pazienti e medicina dell’evidenza. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore. 2022.http://pensiero.it/catalogo/libri/pubblico/zona-d-ombra

Rossi RL. Come leggere uno studio clinico. Una guida pratica. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore. 2021.http://pensiero.it/catalogo/libri/professionisti/come-leggere-uno-studio-clinico
 
 
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