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ANCHE GLI SCIENZIATI IMBROGLIANO? MA CERTO!
Pubblicato da dzamperini in data 27/06/2024 00:00
Pensieri e opinioni professionali


I tempi ci hanno portato ad avere una fede cieca (o quasi) verso la scienza e gli scienziati. Ma come regolarci se veniamo a scoprire che anche gli scienziati sono esseri umani come tutti, e come tutti a volte cercano scappatoie? A volte la scoperta dell’ acqua calda puo’ cosi’ esser fatta passare come roba da Nobel. Per fortuna la cronaca ogni tanto ce lo ricorda, come ora… 


Un po’ di storia 
Questa testata ha pubblicato in passato articoli sul  “Lato igNobile della ricerca scientifica” sottolineando  l’ abitudine di riviste cosiddette “scientifiche” di pubblicare qualsiasi cosa venga loro proposta, dalla fellazio dei pipistrelli ai membri maschili pizzicati nella zip dei pantaloni. E non importa il rilievo scientifico di tali scoperte, basta pubblicarle…
Pero’, tutto sommato, si puo’ obiettare che quanto meno molti di questi studi sono stati effettuati veramente…
Ma c’e’ anche di peggio: sono stati avanzati in passato diversi esempi di dubbi a proposito di studi molto pubblicizzati e interessanti importanti la salute pubblica, ma che poi sono stati poi dimenticati. 

Abbiamo gia’ accennato a pregresse polemiche spentesi col tempo. 
Il problema fondamentale pero’ resta lo stesso: in epoca attuale i ricercatori sono spinti dall’ “ansia di pubblicazione a tutti i costi”, in cio’ spesso sostenuti da aziende spinte da ovvi motivi commerciali di mercato. E vengono alla luce cose incredibili.

Breve riassunto del passato: qualche caso.
• Nel 1978 ci fu il caso di Peter Seeburg che, dopo aver trafugato campioni presso l’ Universita’ e averne ricavato prestigiose pubblicazioni e guadagni di miliardi, venne scoperto e’ fini’ in Tribunale. 
• C’e’ chi, piu’ tecnologico, si e’ servito del computer  (Marion Brach) per “ritoccare” fotografie  di elettroforesi ricavandone pubblicazioni (almeno 47) tra l’’88 e il ’96.
• Le cronache hanno anche riportato i casi di ricercatori che sostituivano dei campioni di tessuto per pilotare i risultati di una ricerca.
• Un’inchiesta condotta nel ’93 dall’ ”American Scientist” rivelava che circa il 7% dei lavoratori di un laboratorio era a conoscenza di falsificazioni di dati, mentre tale percentuale saliva, in Norvegia, a oltre il 20% . Ma i norvegesi sono piu’ scorretti o soltanto piu’ onesti nell’ ammetterlo?
• “Lancet” poi, ad esempio, pubblico’ il piano con cui la Philip Morris tentava scientificamente e metodicamente, con una capillare azione di travisamento e disinformazione, di screditare gli effetti delle ricerche sul danno da fumo in modo da contraddire la nozione di dannosita’ del fumo passivo. Tale iniziativa venne poi confermata dal Saint Paul Pioneer Press che aveva riportato come docenti universitari e ricercatori venissero pagati perche’ criticassero, con articoli e lettere dirette alle riviste scientifiche, il rapporto sui danni del fumo passivo. 
Per fortuna (spero si colga l’ ironia) sembra che cio’ fosse controbilanciato da ricercatori pagati per pubblicazioni di segno contrario….

E questi esempi non tengono conto dei meccanismi truffaldini portati avanti con metodi piu’ “artigianali” e rimasti incogniti, che abbiamo gia’ illustrato negli articoli in bibliografia. Ne’ mi pronuncio su casi abbastanza recenti (come le discussioni sulla pandemia, con dibattiti magari ancora aperti). Chi non ricorda ad esempio le scelte di eventuali condotte terapeutiche : la risibile (a mio modestissimo personale parere) “Tachipirina e vigile attesa” o la pubblicazione, poi ritirata, sui supposti effetti nefasti della idrossiclorochina. 
Ora leggiamo che qualcuno ha aggiunto con un ulteriore tassello: un recetissimo articolo pubblicato sull’International Journal of Cancer (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/pdf/10.1002/ijc.34995)  svela un nuovo inghippo venuto ora alla luce: la citazione di lavori scientifici su linee cellulari che non esistono.

Il bello della faccenda (spieghiamo al comune lettore, ignaro della specifica materia) consiste nel fatto che gli scopritori, dopo aver approfondito le ricerche sull’ argomento, hanno scoperto una miriade di citazioni scorrette: addirittura l’ anomala citazione di otto diverse linee cellulari in 420 articoli di oncologia, pubblicati nel corso degli anni anche su riviste di alto impatto come Cancer Letters e Oncogene; oltretutto in numerosi casi altri, oltre all’errore in se’, hanno scoperto ulteriori dettagli i quali suggerivano che gli esperimenti descritti negli articoli non fossero stati condotti davvero.

Venivano perfino riportati, ad esempio, dati riferiti alla linea cellulare inesistente CONTRASTANTI da quelli della reale linea cellulare autentica presa come “modello”.
E la cosa non si e’ fermata li’, perche’ come nella classica “Catena di Sant’Antonio” le citazioni passavano da un articolo ad un altro, amplificandosi a dismisura.

Cio’ che noi, da ingenui sanitari ignoravamo, e’ che molti ricercatori non pubblicano studi realmente effettuati ma si affidano invece alle cosiddette “paper mills”, società che producono a pagamento articoli scientifici su richiesta. Si tratta di ricerche rielaborate da articoli precedenti e non realmente effettuate.

Una considerazione conseguente, e davvero esplosiva: tutto questo materiale “farlocco” diffuso nella rete verra’ ormai dato in pasto all’ Intelligenza Artificiale, che lo amplifichera’ all’ infinito perpetuando nozioni false o non adeguatamente fondate. 

Oddio, la A.I.  potrebbe anche (al contrario) aiutarci ad individuare queste magagne, ma come potremo capirne le sue finalita’ e l' effettiva riuscita? 

Potremo piu’ fidarci della serieta’ di una ricerca scientifica?
Mah!

Daniele Zamperini 

Riferimenti:
http://www.scienzaeprofessione.it/public/nuke/modules.php?name=News&file=article&sid=2576
http://www.scienzaeprofessione.it/public/nuke/modules.php?name=News&file=article&sid=535
http://www.scienzaeprofessione.it/public/nuke/modules.php?name=News&file=article&sid=1556
https://www.univadis.it/viewarticle/42dbf065

 
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