La Cassazione (Sent. 24573/2011) ha condannato un infermiere che, nel corso del decorso post-operatorio, non si era attivato per chiamare il medico in occasione dell' aggravamento dei sintomi. Daniele Zamperini
I fatti: un uomo, veniva ricoveratu d' urgenza in ospedale in seguito ad incidente stradale nel quale aveva riportato fratture multiple in tutto il corpo. I sanitari procedevano ad effettuare l' intervento chirurgico ma, nella fase postoperatoria, si presentavano sintomi di complicazioni, quali vomito, intensa sudorazione e sanguinamenti. La moglie chiedeva, invano, al personale infermieristico, l'intervento di un medico; il paziente moriva per un ematoma non diagnosticato. I giudici di merito condannavano i medici per l' errore diagnostico e per aver effettuato l' intervento in circostanze che lo avrebbero sconsigliato, ma assolvevano il personale infermieristico. La Cassazione modificava la sentenza ritenendo che l' infermiere rivestisse in realta' una posizione di garanzia, per cui su di esso gravava l'obbligo giuridico di chiamare il medico competente in seguito alle reiterate richieste dei familiari della vittima. Precisa la Corte: "in caso di morte del paziente e di imputazione di omicidio colposo ai danni dei sanitari del Pronto soccorso, risulta del tutto improponibile giuridicamente l'assunto teso a escludere la sussistenza di una posizione di garanzia degli infermieri. Non si può infatti escludere l'obbligo per l'infermiere, anche solo in caso di dubbio ragionevole sulle condizioni dell'ammalato di fronte alle reiterate proteste, di chiamare l'intervento del medico di turno, cui poi compete la decisione ultima". |