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La Valutazione della Caregiver
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La Caregiver (*) ha il ruolo principale nel processo assistenziale dell’anziano: nell’espletamento della sua funzione sono infatti richieste variegate mansioni che presuppongono conoscenze (“Sapere”),competenze (“Saper Fare”), attitudini caratteriali e relazionali (“Saper Essere”).
Inoltre, alla caregiver sono richieste peculiari capacità nell’ambito della rilevazione dei bisogni, della programmazione degli interventi, della gestione delle risorse del nucleo familiare, della attivazione ed utilizzazione delle risorse assistenziali della comunità.
E’ evidente dunque come una figura così importante dovrebbe essere adeguatamente formata e sistematicamente supportata inserendola nella rete socio-assistenziale della comunità e favorendone la relazione e la integrazione con tutte le altre figure professionali coinvolte nel processo assistenziale. Non possiamo ignorare come quest’ultimo sia un aspetto al tempo stesso di grande rilievo ma poco considerato e sostanzialmente trascurato in molti progetti di assistenza domiciliare degli anziani: esso richiederebbe un progetto socio-sanitario-assistenziale di ampio respiro che va ben oltre il nostro ambito di intervento che rimane quello dell’anziano, della sua famiglia e della comunità in cui questo è inserito. Il medico di famiglia è nelle condizioni più favorevoli per valutare le caratteristiche della caregiver, la sua attitudine alle funzioni che si trova a svolgere, le sue risorse, i suoi problemi e le sue difficoltà. E’ importante che il medico di famiglia valuti attentamente tutti questi aspetti perché essi interferiscono con lo stato di salute dell’assistito e possono compromettere la efficacia di ogni intervento sanitario. (1) Sono stati proposti vari tipi di questionari di valutazione della caregiver: il più noto e validato è lo “Zarit Burden Interview” (ZBI), che tuttavia prevede 22 items ed è utlizzato quasi esclusivamente in ambito di ricerca.(2) Nell’attesa che un processo evolutivo ci proponga uno strumento valutativo efficacie e di semplice utilizzazione possiamo comunque raccogliere quanto suggerito dalla letteratura(3) ed integrarlo con le nostre osservazioni, legate alla conoscenza dello specifico contesto in cui operiamo. Possiamo anzitutto suddividere la valutazione in tre campi di indagine: la valutazione dei risultati della attività della caregiver, la valutazione della relazione care-paziente, la valutazione dei bisogni della caregiver. (*)Usiamo il genere femminile perché la larga maggioranza delle persone che svolge attività di caregiver nel nostro paese è di sesso femminile. La Valutazione dei risultati della attività della caregiver Si tratta sostanzialmente di valutare lo stato funzionale e quello cognitivo del paziente, in ogni caso all’inizio del percorso assistenziale e poi comunque ogni tre mesi e quando malattie,infortuni ed eventi traumatici possano condurre ad un declino funzionale e/o cognitivo. I più validati ed utili test di valutazione per il medico di famiglia ( P.U.L.S.E. test, Get-up-and-go test, GPCog Test ) sono già stati presentati e descritti nei precedenti articoli sulla valutazione funzionale, su quella cognitiva e sul rischio di caduta: ad essi rinviamo per approfondimenti. La Valutazione della relazione caregiver- assistito e dei suoi possibili effetti Non esistono in questo ambito test di valutazione: solo una attenta e discreta osservazione che eviti di influenzare la relazione care-assistito può fornirci utilissime informazioni. Si valuta anzitutto il clima relazionale: possiamo rilevare affetto, fiducia oppure eccessivo formalismo o freddezza, diffidenza o addirittura ostilità. Va qui osservato che il clima ottimale è quello in cui prevale la fiducia ed il rispetto: un sentimento di affetto ( salvo che la caregiver non sia una familiare dell’anziano) può generare problemi di seduzione e di plagio nei confronti dell’ assistito/a od al contrario molestie dell’assistito nei confronti della care giver: ambedue queste evenienze vanno tenute presenti da parte del medico di famiglia. E’ d’altra parte evidente come un clima di eccessiva freddezza, di diffidenza o, peggio, di ostilità, inibiscano nel paziente la espressione dei propri bisogni e possano suscitare in quest’ultimo reazioni terapeutiche negative. Anche in quest’ultimo caso il medico di famiglia potrà rilevare i primi segni di relazione sfavorevole, correggerla o compensarla o quantomeno individuarne tempestivamente le potenziali complicazioni. Si valuta quindi la capacità della caregiver di comprendere i bisogni dell’ assistito, con particolare riguardo ai bisogni inespressi per difficoltà cognitive o comunicative dell’anziano, e la capacità di fornire o comunque di organizzare una risposta a questi bisogni. Si prende quindi in considerazione la influenza della caregiver sul livello di autonomia residua dell’assistito: la caregiver può favorire un aumento della autonomia del paziente incoraggiandolo a svolgere da sé alcuni compiti e funzioni, o può involontariamente favorire una regressione del paziente che diviene passivo perché troppo accudito, o, nei casi di interazione negativa, può suscitare nel paziente sentimenti depressivi con perdita di interesse in ogni attività e totale dipendenza dal o dalla caregiver. La caregiver ideale dovrebbe instaurare un clima di fiducia e di rispetto per la propria persona, fornendo adeguate risposte ai bisogni del paziente, e sollecitandolo ad aumentare la propria autonomia e le proprie capacità di auto-gestione. La valutazione dello stato di salute del caregiver E’ noto che gli operatori sanitari generalmente tendono a non prendersi cura della propria salute ed a trascurare i primi segni di malessere: questo stesso atteggiamento in Italia tende ad essere trasferito anche ai caregiver. In realtà, oltre a considerazioni etiche, una forte motivazione alla attenzione verso le condizioni psico-fisiche dei/delle caregiver dovrebbe essere la naturale conseguenza di un attenta valutazione della funzione essenziale ed insostituibile della caregiver. Ecco i principali parametri da considerare per una valutazione delle risorse e dei bisogni della caregiver ( Tab.1)
Tabella N. 1 1. Livello culturale , economico, sociale della caregiver e sua conoscenza della lingua e della cultura dell’assistito 2. Conoscenza del contesto in cui opera, con particolare riguardo alle risorse sanitarie e socio-assistenziali 3. Caratteristiche dell’ambiente domestico e sua fruibilità per caregiver e paziente;attitudini organizzative della caregiver 4. Valutazione del carico assistenziale con particolare riguardo al carico psicologico, specie nell’assistenza a pazienti dementi 5. Valutazione dello stato di salute della caregiver 6. Valutazione psicologica e caratteriale della caregiver 7. Motivazione della care giver a svolgere il proprio lavoro; gratificazione della caregiver nella propria attività 8. Bisogni e richieste espresse dalla caregiver
Bibliografia 1) Cameron DI et Al.: Assessing and Helping carers of older people BMJ 2011;343:d5202 2) Zarit S et Al.: The structure of risk factors and outcomes for family caregivers: implication for assessment and treatment Aging Ment Health 2010; 14:220-31 3) Chappel NL et Al.: Caregiving: predicting at-risk status Can J Aging 2008; 27:169-79 4) Schulz R et Al.: Caregiving as a risk factor for mortality: The Caregiving Health Effects Study JAMA 1999;282:2215-9 5) Greenwood N et Al.: General practitioners and carers: a questionnaire survey of attitudes, awareness of issues , barriers and enablers to provision of services BMC Fam Pract 2010; 11:100
Riccardo De Gobbi
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