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Scienza e Professione - (Daniele Zamperini Medico) FAQ (Frequently Asked Questions)



Categoria: Principale ->

Domanda
·  ...Se mi viene richiesto di certificare che un mio assistito e’ capace di intendere e di volere (o il contrario) pur non essendo io specialista?
·  ...Se per errore ho compilato un certificato di malattia su modulario INPS per un paziente a cui, non essendone assistito INPS avrei dovuto farlo "bianco" su carta intestata?
·  ...Se un paziente malato la domenica mi chiede un certificato il lunedi', dopo essere tornato al lavoro?
·  ...se un paziente mi chiede di non indicare la diagnosi nel suo certificato?
·  ... se un paziente che ha avuto un infortunio riprende il lavoro ma continua a chiedermi certificati di malattia a scopo assicurativo?
·  ... se un paziente affetto da infortunio sul lavoro si presenta ripetutamente per prolungamenti di prognosi superando i 40 giorni complessivi?
·  ... se un paziente mi chiede un certificato di malattia predatato in quanto il suo stato morboso e’, a quanto riferisce, iniziato precedentemente al momento della visita?
·  ... se mi viene richiesto di compilare un certificato INAIL per uno studente che si sia fatto male a scuola?

Risposta
·  ...Se mi viene richiesto di certificare che un mio assistito e’ capace di intendere e di volere (o il contrario) pur non essendo io specialista?

Lo faccio tranquillamente, ovviamente certificando quanto corrisponde alla realta'.


 La legge non riserva a particolari categorie (come psicologi, psichiatri o medici legali) questo tipo di certificazione, anche perche’ la capacita’ di intendere e volere a scopi civilistici non e’ legata a precise diagnosi eziopatogenetiche di malattia o di disturbo mentale ma interessa soprattutto l’aspetto “funzionale”.
Si dichiara cioe’ che il paziente, per quanto riguarda la sua capacita’ civile, (testamenti, cessione o acquisto di beni ecc.) e’ consapevole di cio’ che sta facendo e intende veramente farlo.
Il medico puo’ percio’ accertare questa condizione con un colloquio preliminare con il paziente stesso e eventualmente (ma non obbligatoriamente) applicando dei test gia’ validati e di facile applicazione, quali lo SCAG o il MINIMENTAL TEST.  In mancanza di questi test puo’ ugualmente verificare quelle condizioni con una serie di domande tese a esplorare sia la capacita’ cognitiva del paziente (orientamento spaziale e temporale,  il riconoscimento delle persone a lui vicino ecc.) sia la capacita’ volitiva (consapevolezza dell’atto civile che vuole compiere e conferma della volonta’ di volerlo fare). Nei casi “border-line” in cui puo’ essere difficile effettuare una valutazione precisa, e’ effettivamente consigliabile che il medico chieda una consulenza specialistica, o demandi la certificazione ad uno specialista. Questa prassi pero’ non e’ assolutamente obbligatoria nei casi in cui il medico e’ capace di raccogliere tali elementi da solo.
·  ...Se per errore ho compilato un certificato di malattia su modulario INPS per un paziente a cui, non essendone assistito INPS avrei dovuto farlo "bianco" su carta intestata?

La cosa al momento non comporta sanzioni penali, ne’ civili, ne’ il certificato perde di validita’.

Non e‘ reato usare un modulo anziche’ l’altro, anche se l’INPS chiede che il modulo “rosso” venga riservato ai pazienti rientranti sotto la sua tutela, e questo per motivi di economia, dato il costo della stampa del modulo (e sarebbe corretto regolarsi cosi'). Puo' capitare pero' che il medico non conosca la condizione lavorativa precisa del paziente, commettendo quindi un errore in buona fede.

Il modulo INPS contiene comunque tutti gli elementi fondamentali di un certificato e cioe’ generalita’ del paziente, data, diagnosi, prognosi e firma del medico, identificabile con un timbro per cui questo certificato  e’ valido in ogni caso anche per i pazienti appartenenti ad altre categorie.

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·  ...Se un paziente malato la domenica mi chiede un certificato il lunedi', dopo essere tornato al lavoro?

Si puo' fare ma con molta cautela (e senza garanzia per il paziente).
 
E' necessario esaminare diversi aspetti della questione:
 
- Il certificare (da certum  facere) implica che il medico da' certezza legale a cio' che scrive; in altre parole e' sottinteso il concetto che " garantisco che cio' che dichiaro corrisponde a verita'".
Per questo motivo la legge impone regole molto severe, tra cui quella della "data certa" della stesura della certificazione e dell' evento che si certifica.
 

Il certificato deve quindi riportare, in ogni caso, la data del giorno stesso in cui viene stilato. Qualora la certificazione si riferisca a patologie avvenute in tempo diverso, cio' deve essere chiaramente ed inequivocabilmente dichiarato.


Nel caso in oggetto, e' stato pacificamente riconosciuto che il medico puo' indicare nel certificato l' inizio di una malattia in data precedente alla visita, purche' gli elementi obiettivi presenti al momento della visita gli consentano di affermarlo in scienza e coscienza. Puo' essere dichiarato l' inizio precedente di una malattia ancora in atto, come pure si potrebbe certificare, in certi casi, un inizio risalente a diversi giorni prima di una malattia ormai in risoluzione ( ad esempio, l' inizio di una varicella risalente a diversi giorni prima qualora si riscontri, visitando il paziente, la presenza di eruzione crostosa compatibile con quanto dichiarato (sempre pero' datando il certificato nel giorno della visita). E' bene che, in casi simili, il medico esplichi nel certificato gli elementi che gli abbiano consentito questa ricostruzione.


Problema molto diverso si verifica  allorche' il medico visiti un paziente gia' completamente guarito: egli in tal caso non ha ne' puo' avere elementi clinici che giustifichino la certificazione di uno stato morboso precedente. Una sua certificazione basata solo sulla parola del paziente non e' lecita ne' consentita, in quanto mancante degli elementi che consentano, appunto, di "dare certezza" a quanto scritto: come puo' un medico certificare una la presenza di una pregressa malattia se nel momento in cui visita il paziente questi ne e' guarito?  Come potrebbe rispondere ad una simile contestazione?


Un escamotage molto usato e' quello di stilare una pseudo-certificazione riportante (in data attuale) la dizione "il paziente dichiara di essere stato malato il giorno ...".  Tale dichiarazione non ha effettivo valore in quanto priva del riscontro scientifico obiettivo che ne farebbe un vero certificato: si tratterebbe solo di una "raccolta di testimonianza" (verrebbe certificata la dichiarazione del paziente, e non l' effettiva presenza della malattia). Questa procedura, pur non costituendo reato, esulerebbe tuttavia, a stretto rigore, dalla potesta' certificativa del medico. Per tale motivo l' INPS ha sempre giustamente ribadito l' irregolarita' di tali certificazioni che tuttavia sono riconosciute valide se risalenti a un periodo ravvicinato e vengono sovente accettate "pro bono pacis" dalle amministrazioni periferiche. Qualora pero' queste opponessero un rifiuto, questo sarebbe pienamente lecito e potrebbe creare notevoli difficolta' al medico e al paziente. 


Trattandosi percio' di pratica non regolare, e' opinione dello scrivente che non vada incoraggiata, ma che i pazienti vadano istruiti ed indirizzati alla pratica regolare: farsi visitare durante la malattia, e non dopo; nel caso di festivita', dalla Continuita' Assistenziale che puo' certificare fino a tre giorni di malattia.   

Daniele Zamperini (23/2/06)

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·  ...se un paziente mi chiede di non indicare la diagnosi nel suo certificato?

In certi casi la richiesta del paziente non sarebbe legittima, perche' diverse normative ne stabiliscono espressamente l' obbligo.
In ogni caso, qualora il paziente lo pretendesse, sono possibili diversi accorgimenti.
La prassi migliore, quella che non puo’ dare origine a nessuna contestazione, e’ la seguente: stilare il certificato in doppia copia; sulla prima copia scrivere “omessa diagnosi per espressa volonta’ del paziente”, la seconda copia invece sara’ completa di diagnosi. Entrambe le copie andranno consegnate al paziente il quale potra’ inoltrare al datore di lavoro quella senza diagnosi e mantenere quella con diagnosi per eventuali visite di controllo o per verifiche fiscali.


 Sono possibili altre procedure: il Garante suggerisce di scrivere nel certificato (e far sottoscrivere dal paziente) “omessa diagnosi per volonta’ dell’ interessato”. In alcuni casi particolari, poi, la legge prevede espressamente che il medico non debba indicare la diagnosi, come nel caso di interruzione volontaria di gravidanza. In alcuni casi possono pero’ riscontrarsi conflitti tra diverse normative.

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·  ... se un paziente che ha avuto un infortunio riprende il lavoro ma continua a chiedermi certificati di malattia a scopo assicurativo?

Posso farli senz’altro qualora ne riscontrassi l’effettiva rispondenza al vero.

Infatti l’inabilita’ lavorativa, che riguarda la ripresa del lavoro, non corrisponde necessariamente alla “durata della malattia” che invece interessa le eventuali societa’ assicurative. In altre parole il paziente, pur essendo ancora “malato” (e cioe’ affetto da un processo patologico ancora in fase evolutiva) potrebbe tuttavia aver recuperato la sua idoneita’ lavorativa e quindi aver ripreso la propria attivita’.
Quindi i certificati di malattia per infortunio o per postumi di sinistro non devono corrispondere necessariamente al periodo di riposo dal lavoro ma possono essere stilati, ovviamente se corrispondenti al vero, anche per soggetti che abbiano ripreso il lavoro.

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·  ... se un paziente affetto da infortunio sul lavoro si presenta ripetutamente per prolungamenti di prognosi superando i 40 giorni complessivi?

Sono tenuto a presentare un referto giudiziario o un referto denuncia all’ISSPL, in quanto, superando i 40 giorni di prognosi l’infortunio assume un carattere “delittuoso”.
 
E’ importante quindi che il medico badi bene a non prolungare inopportunamente la prognosi se non in casi di effettiva persistenza dello stato morboso. E’ da tener presente che il semplice permanere di sintomatologia dolorosa o disfunzionale non indica necessariamente la condizione di uno stato di malattia in quanto tali postumi, se stabilizzati, rientrano invece nella valutazione dell’invalidita’ permanente residua. La condizione di “malattia” va riservata al periodo di evolutivita’ dello stato morboso, prima della sua stabilizzazione in postumi.

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·  ... se un paziente mi chiede un certificato di malattia predatato in quanto il suo stato morboso e’, a quanto riferisce, iniziato precedentemente al momento della visita?

Si puo’ fare, ma con cautela.
 
Il certificato deve in ogni caso riportare la data del giorno stesso in cui la visita viene effettuata. Porre una data precedente o successiva configura, come ormai ampiamente confermato dalla giurisprudenza, un falso ideologico che puo’ comportare gravi danni al medico.
Il medico puo’ tuttavia certificare l’inizio di una malattia in data precedente alla sua visita qualora dalle condizioni del paziente, dalle notizie cliniche e dalla documentazione in suo possesso, dalla conoscenza dell’iter comune della malattia, questo rientri nei corretti parametri di una diagnosi effettuata in scienza e coscienza.

Il medico quindi riferira’ (in un certificato riportante la data effettiva della visita) che la malattia risulta iniziata il giorno X. Indicare una data precedente come inizio di una malattia non costituisce di per sé reato, lo diventa se si ravvisino comportamenti configuranti un falso.

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·  ... se mi viene richiesto di compilare un certificato INAIL per uno studente che si sia fatto male a scuola?

Lo posso compilare tranquillamente.
 
Infatti la tutela INAIL non e’ riservata solo ai soggetti in attivita’ lavorativa ma comprende anche altre categorie tra cui gli studenti di scuole tecniche o professionali che sono protetti in caso di infortunio nello svolgimento di attivita’ di laboratorio  o simili. Nessun problema quindi.

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