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Paracetamolo in gravidanza e disturbi comportamentali del bambino
Pubblicato da dzamperini in data 06/06/2017 00:00
Medicina Clinica


L'uso del paracetamolo in gravidanza potrebbe essere associato a disturbi comportamentali nei bambini esposti, ma sono necessari ulteriori studi prima di trarre conclusioni definitive.


L'uso del paracetamolo in gravidanza potrebbe essere associato a disturbi comportamentali nei bambini esposti, ma sono necessari ulteriori studi prima di trarre conclusioni definitive.


 I mass media italiani hanno dato molto risalto ad uno studio dell'Università di Bristol secondo il quale l'uso di paracetamolo in gravidanza sarebbe associato ad un aumento del rischio, per il bambino esposto, di sviluppare problemi comportamentali.

Si tratta di uno studio di tipo osservazionale in cui sono stati analizzati i dati dell'Avon Longitudinal Study of Parents and Children che aveva arruolato (tra il 1991 e il 1992) 7796 madri insieme ai loro figli e partners [1].

Lo studio suggerisce che l'uso del paracetamolo durante la gestazione risulta associato a problemi di tipo comportamentale nei bambini esposti. Questa associazione non sembra essere dovuta a fattori di confondimento (per esempio fattori di comportamento o fattori sociali che potrebbero essere il motivo di assunzione del paracetamolo).

In realtà questi dati non sono nuovi. Per esempio uno studio del 2014 (sempre di tipo osservazionale) evidenziava che l'uso del paracetamolo durante la gravidanza è associato ad un aumentato rischio, per i bambini esposti, di sviluppare la sindrome da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e la sindrome ipercinetica [2]. 
Lo studio aveva analizzato più di 64.000 bambini e madri arruolati nel Danish National Birth Cohort nel periodo 1996-2002. Il rischio era maggiore quando l'assuznione avveniva anche dopo il primo trimestre di gravidanza e per un uso frequente.
Dato che anche l'infiammazione e le infezioni sono state chiamate in causa nella ADHD gli autori hanno corretto i dati per questi fattori di confondimento che potrebbero essere stati la causa dell'assunzione di paracetamolo in molti casi, onde eliminare il cosiddetto "bias by indication".

Pur trattandosi di studi di tipo osservazionale, con i ben noti limiti che questi studi comportano, i risultati non devono essere sottovalutati. Infatti il paracetamolo è generalmente ritenuto sicuro in gravidanza e largamente assunto. Basti pensare che nello studio danese circa la metà delle donne analizzate aveva assunto paracetamolo mentre erano in gravidanza.
E' di enorme importanza, quindi, far luce sulla questione. 

Tuttavia è opportuno anche richiamare alla cautela prima di trarre conclusioni definitive, cosa che opportunamente fanno gli autori di entrambi gli studi concludendo che sono necessarie ulteriori ricerche e che questi risultati devono essere confermati da altri lavori.

Come si è detto altre volte, infatti, i risultati degli studi osservazionali possono essere gravati da vari fattori di confondimento e, per quanto gli autori mettano in atto sofisticate tecniche per eliminare questi limiti, è spesso difficile decidere se una determinata associazione sia o meno del tipo causa-effetto. Poichè è arduo ipotizzare la realizzazione di studi randomizzati e controllati sul paracetamolo in gravidanza sarà necessario effettuare altri studi di tipo osservazionale e di farmacovigilanza.

Per il momento è nostra opinione che la donna gravida che necessiti di assumere paracetamolo a scopo sintomatico lo possa fare, tenuto conto che generalmente l'assunzione sarà di breve durata e a dosi basse.
A questo proposito ricordiamo che la scheda tecnica del farmaco consiglia, nelle donne gravide, l'assunzione solo in caso di effettiva necessità e sotto il diretto controllo del medico.

Renato Rossi

Bibliografia
1. JAMA Pedriatics. Pubblicato online il 15 agosto 2016.
2. JAMA Pediatr. 2014;168:313-320.

 
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