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Il grande equivoco dei "farmaci equivalenti"
Pubblicato da dzamperini in data 09/10/2007 17:54
Pensieri e opinioni professionali Farmaci "generici", "equivalenti" e "di riferimento" non sono la stessa cosa, eppure si continua ad equivocare sui termini. Quali ne possono essere le conseguenze?

Si rincorrono sui giornali le notizie sulle denunce a carico dei medici "iperprescrittori" e delle iniziative delle varie Regioni finalizzate al risparmio farmaceutico a tutti i costi.
Ma, pur volendo trascurare il fatto che la spesa farmaceutica e' solo una delle spese secondarie per il SSN, a fronte di altre voci ben piu' consistenti, le tecniche di risparmio stanno assumendo aspetti che possono denotare grande astuzia o grande incompetenza, tra cui la pressante campagna all' uso dei farmaci "generici".
I generici sono farmaci contenenti lo stesso principio attivo dei farmaci di marca, con differenze minime stabilite per legge.
Si fa credere allora che la prescrizione di "generici", a causa del loro prezzo inferiore, sia in grado di portare un notevole risparmio alle casse dello Stato.
Cio' e'  assolutamente falso!
E quali motivi possono esserci, per sostenere cosi' spudoratamente il falso?

Infatti, in base alle leggi vigenti, lo Stato paga la stessa cifra sia per il generico che per il farmaco di marca (cosiddetto "griffato"), mentre l' eventuale differenza e' a carico del cittadino. Perche' allora insistere tanto?
Gli ipocriti possono sostenere magari che alleggerire dalle spese il cittadino fa bene anche allo Stato, ma si tratta di una ulteriore falsita': infatti il cittadino puo' sostituire liberamente, in farmacia, il farmaco di marca con il "generico" equivalente, senza pagare quindi neppure un centesimo.

Ma l' equivoco sorge proprio qui, quando vengono fatte coincidere le definizioni di "generico" e di  "equivalente".
E' sul termine di "equivalente" che si gioca, in modo poco corretto, il gioco al massacro!

Quando la Parte pubblica fa campagna per la prescrizione di farmaci "equivalenti", infatti, non si riferisce ai "generici" come sopra definiti, ma vuole indicare (senza dirlo) ben altra cosa: i cosiddetti "farmaci di riferimento di categoria".

Si tratta, in poche parole, di scegliere un farmaco a basso costo per ciascuna categoria farmacologica (per esempio, un Inibitore di Pompa Protinica, un Sartano, un antibiotico betalattamico e cosi' via) e di addossare al SSN solo il prezzo di questo farmaco, lasciando il resto a carico dei cittadini o addirittura (come ci dicono stia succedendo in alcune Regioni) prevedendo sanzioni o comunque pressioni a carico del medico che prescriva "griffati".

Molto scorrettamente si fa campagna in favore dei "generici" rimarcandone l' uguaglianza terapeutica con i farmaci di riferimento, poi si fa slittare questo concetto di uguaglianza sui farmaci "equivalenti di categoria", lasciando intendere appunto che anch' essi siano uguali a quelli di riferimento.
Ma la situazione e' ben diversa: in una categoria farmacologica esistono farmaci che, sebbene simili, NON SONO AFFATTO UGUALI, al punto che talvolta portano in scheda tecnica indicazioni e avvertenze diverse.
Vi sono IPP con l' indicazione alla protezione gastrica da FANS, mentre altri non ce l' hanno; alcuni sartani hanno indicazione per lo scompenso cardiaco, altri no. E non dimentichiamo il "Caso Cerivastatina", statina ritirata dal commercio per effetti tossici mortali mentre tante altre statine restano in commercio.
Come e' possibile sostenere che i farmaci di una categoria siano tutti uguali tra loro e che, in linea di principio, le prescrizioni possano essere limitate solo a un farmaco di riferimento, dimenticando che ciascun individuo e' diverso da un altro e puo' avere bisogni, intolleranze, biodisponibilita' differente dagli altri?

Non per questo il principio e' da buttare: chi scrive ha proposto gia' alcuni anni fa (inascoltato) l' adozione di un sistema del genere; e' necessario tuttavia che una simile operazione non venga effettuata brutalmente d' autorita', pena gravi rischi per la salute pubblica, ma che venga portata avanti a piccoli passi, con la collaborazione meditata e approfondita di esperti del settore, di societa' scientifiche e culturali, delle categorie mediche maggiormente interessate.
Vanno interessati piccoli gruppi di farmaci, realmente omogenei per indicazioni e controindicazioni (e non solo per categoria farmaceutica), con liberta' per il medico di prescrivere al di fuori di questi vincoli in soggetti che ne abbiano reale necessita'. La vita e la salute dei cittadini devono sempre rimanere al di sopra di problemi economici di bassa lega.

A questo punto possono sorgere altre spontanee domande. La confusione tra generici ed equivalenti puo' essere voluta a fini strumentali, per far passare gli equivalenti come generici, ma perche' si insiste tanto sulla prescrizione da parte del medico di generici?
In altre parole, cui prodest?

Ricordiamo che, come ha evidenziato Francesco Medici in altro articolo (www.scienzaeprofessione.it/sanita_ricchezza.htm)
la sanita' porta anche ricchezza allo Stato, addirittura maggiore della spesa, in termini di occupazione, valore aggiunto, aumento del PIL.
La campagna assillante in favore dei generici non fa altro che spostare i finanziamenti pubblici (miliardi di Euro, crediamo) da Aziende di grandi dimensioni ( le stesse che finanziano i corsi ECM, le riviste del settore, la ricerca scientifica e tante altre iniziative di utilita' pubblica e privata) verso una miriade di aziende finora sconosciute, alcune delle quali nate proprio in seguito ai mutamenti legislativi, talvolta di piccolissime dimensioni, dai bilanci limitati e finora piuttosto restie a impegnare i loro capitali in iniziative analoghe o altre piu' o meno utili.
Questo spostamento di denaro avviene, lo ribadiamo, senza alcun risparmio per le casse del SSN.
Ma allora, perche' tanta pressione?
E, ci chiediamo ancora, cui prodest?

Daniele Zamperini - 21/1/2007

 
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