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I sintomi e i segni
Pubblicato da dzamperini in data 06/08/2023 00:00
Medicina Clinica


Cosa si intende per sintomo e cosa per segno? Per i profani sono all' incirca la stessa cosa, ma per un medico?


Per sintomo si intende un disturbo soggettivo lamentato dal paziente e per segno un rilievo oggettivo riscontrato dal medico o dal paziente stesso. 
La cefalea o il dolore sono sintomi, un’eruzione cutanea o una tiroide palpabile e aumentata di volume sono dei segni. Se si vuole anche le alterazioni di un esame di laboratorio o di un accertamento radiologico o endoscopico sono segni.

I sintomi e i segni possono avere un valore segnaletico più o meno elevato. La febbre (che riconosce molte cause) ha un valore minore rispetto alla rigidità nucale che indica con elevata probabilità la presenza di un interessamento meningeo.
L’astenia non è specifica di una singola patologia ma può essere presente in molte condizioni per cui il suo valore segnaletico è minimo: può indicare la presenza di una malattia grave come essere solo un disturbo passeggero dovuto a cause banali che non necessitano di terapia.
Invece il tremore ha un valore di segnale maggiore in quanto può indicare un morbo di Parkinson, anche se può esserci in altre situazioni (per esempio tremore senile, ipertiroidismo, ansia). Inoltre se si associa a rigidità, marcia a piccoli passi e facies amimica il valore segnaletico aumenta perché il quadro è tipico del Parkinson.

Spesso, infatti, è l’associazione di più sintomi e segni ad avere un elevato significato probativo: la triade poliuria, polidipsia e dimagramento in un adolescente indica come molto probabile l’esistenza di un diabete di tipo 1.

Alcuni sintomi e segni non sono quantificabili e quindi possono essere espressi solo in termini qualitativi o semiquantitativi. Per esempio se vediamo un paziente pallido possiamo dire che il pallore è più o meno intenso ma non lo possiamo quantificare con un numero, se riscontriamo un riflesso rotuleo torpido lo possiamo segnalare come tale ma non abbiamo i mezzi per tradurlo in un valore matematico, altrettanto dicasi per altri sintomi soggettivi come l’astenia, le vertigini o il malessere aspecifico.

Talora i sintomi e i segni possono essere quantificati, anche se in maniera imprecisa: per esempio il dolore può essere quantificato dal paziente usando apposite scale, un soffio cardiaco può essere definito 1/6, 2/6, ecc.
Altri rilievi, invece, possono essere espressi in termini quantitativi esatti: per esempio i gradi di un rialzo febbrile, le dimensioni ecografiche di un nodulo tiroideo, i valori della pressione arteriosa, della glicemia, della bilirubina, della colesterolemia o di altri parametri di laboratorio.

Questa distinzione non è fine a sé stessa: se sintomi o segni sono quantificabili diventano più oggettivi e ci permettono spesso di valutare la gravità della malattia. Se un paziente ha dei valori di pressione di 145/90 mmHg possiamo ritenerlo meno grave di un altro che abbia costantemente valori di 180/110 mmHg, se si riscontrano valori di proteinuria di 0,5 g/24 ore si potrà ritenere che il danno renale sottostante sia meno severo rispetto al ritrovare valori di 4 g/24 ore.

Renato Rossi

Testo adattato da:

Rossi RL. Metodologia clinica. Una guida pratica. 2023.
http:////ilmiolibro.kataweb.it/libro/medicina-e-salute/644007/metodologia-clinica/


Per approfondire:

Rossi RL. Zona d’ombra. Il Pensiero Scientifico Editore. Roma: 2022. http:////pensiero.it/catalogo/libri/pubblico/zona-d-ombra

Collecchia G. De Gobbi R, Fassina R, Ressa G, Rossi RL. La Diagnosi ritrovata. Il Pensiero Scientifico Editore. Roma: 2021.
http:////pensiero.it/catalogo/libri/professionisti/la-diagnosi-ritrovata

 
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