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Steatosi epatica non alcolica: il punto della situazione
Pubblicato da dzamperini in data 20/09/2015 00:00
Medicina Clinica  Una recente review descrive la gestione dell’epatosteatosi non alcolica, condizione ad alta prevalenza ma, nella forma semplice, a basso rischio di progressione

La prevalenza dell’epatosteatosi non alcolica (non-alcoholic fatty liver disease, NAFLD) nella popolazione generale è oltre il 20%, 70% nei diabetici. E’la causa più comune di alterazioni epatiche, infatti l’aumento esponenziale dell’obesità, principale fattore di rischio, ha reso tale patologia più frequente della alcolica.

Altra associazione consolidata è con il diabete mellito tipo 2 (DMT2), anche anamnestico familiare, indipendentemente dall’adiposità. In caso di sospetta NAFLD ne è pertanto indicato lo screening.

Altra condizione di rischio è il sesso maschile.
Esisterebbe inoltre una predisposizione genetica all’accumulo di grasso in soggetti portatori del gene PNP3A. Cause meno frequenti sono i farmaci (amiodarone, diltiazem, steroidi, estrogeni sintetici, tamoxifene, antiretrovirali), la sindrome da rialimentazione, la nutrizione parenterale totale, la severa perdita di peso dopo by-pass digiuno-ileale o gastrico, la lipodistrofia ed altre rare condizioni.

La NAFLD rappresenta uno spettro di epatopatie rappresentato da steatosi semplice, steatoepatite non alcolica (NASH), fibrosi e cirrosi. La steatosi semplice è in genere benigna, peraltro, per l’alta prevalenza, rappresenta un’importante causa di cirrosi. La NASH, stadio evolutivo della NAFLD, ha una prevalenza di circa il 3-5% nella popolazione generale, è caratterizzata da infiammazione epatica ed elevato rischio di fibrosi, cirrosi e carcinoma epatocellulare.


Quando sospettare la NAFLD e come diagnosticarla

Tipicamente l’epatopatia è sospettata in presenza di esami epatici anormali, in genere effettuati come controllo di routine. Il pattern classico è un aumento della alanina aminotranferasi (ALT) rispetto all’aspartato aminotranferasi (AST) con un rapporto AST/ALT < 0,8 (> 0,8 solo nelle forme più avanzate). Questo pattern è utile per differenziare la NAFLD dall’epatopatia alcolica, caratterizzata da un rapporto AST/ALT > 1,5. Altre caratteristiche della NAFLD sono la presenza di sovrappeso/obesità, iperglicemia o diabete tipo 2, aumento dei trigliceridi e della gammaglutamiltranferasi (GGT), nessuna o modesta introduzione di alcolici (< 20 g al giorno o < 2,5 unità nelle donne; < 30 g al giorno o < 3,75 unità negli uomini), ridotte HDL, normalità del volume globulare medio (VGM). La steatosi alcolica presenta invece aumento considerevole della GGT, delle HDL, del VGM. In pratica, obesità e alcol contribuiscono spesso insieme allo svilupparsi dell’epatopatia e sono pertanto frequenti i pattern misti.

Nonostante diversi studi osservazionali abbiano evidenziato l’associazione tra NAFLD ed eventi cardiovascolari, non vi è al momento evidenza per considerare la NAFLD fattore di rischio cardiovascolare indipendente.

Altra modalità di presentazione clinica della NAFLD è il rilievo incidentale di aumentata ecogenicità epatica. Peraltro l’ecografia ha una serie di criticità, soprattutto la scarsa sensibilità, ma anche la variabilità inter-operatore, le difficoltà tecniche in pazienti spesso obesi, lo scarso potere discriminatorio tra steatosi semplice e NASH, la mancanza di un grading condiviso, l’elevato numero di pazienti da valutare, l’assenza di strategie mirate in funzione del risultato dell’esame. Nella maggior parte dei pazienti con sospetta NAFLD, l’esecuzione routinaria dell’ecografia non è pertanto indicata.


Come gestire la NAFLD, sospettata o altamente probabile

La review propone un algoritmo, in base al quale, se il rapporto AST/ALT > 0,8 si consiglia di valutare la consulenza dell’epatologo. Se invece il rapporto AST/ALT è < 0,8, si considera il livello degli esami epatici: in presenza di valori lievemente alterati (ALT < 50 U/L o entro il range di normalità) può essere sufficiente la modifica dello stile di vita per ridurre il peso e la limitazione o abolizione dell’introduzione alcolica con successivo controllo dopo 3-6 mesi. Se il peso si riduce e gli esami migliorano, si rinforza la necessità del mantenimento dell’adeguato stile di vita. Altrimenti, soprattutto in caso di peggioramento degli esami, la gestione è simile a quella dei pazienti con esami in partenza moderatamente alterati (ALT 50-150 U/L, 1-3 volte il limite superiore di normalità), nei quali è preferibile l’eliminazione degli alcolici (e di eventuali farmaci potenzialmente epatolesivi) e il controllo dopo 2-3 mesi. Se i risultati sono soddisfacenti si rinforzano i consigli relativi allo stile di vita e si controlla il paziente dopo 6-12 mesi, altrimenti si procede come per i soggetti con ALT > 150 U/L (> 3 volte il limite superiore di normalità): perdita di peso, sospensione alcolici, controllo dopo 1-2 settimane e, in caso di scarso miglioramento, consulenza specialistica. In questi casi si dovrebbero escludere altre epatopatie (epatite virale cronica, autoimmune, emocromatosi, epatopatia da farmaci) o comunque pensare alla presenza di epatopatia progressiva. Va tenuto presente che la steatosi epatica è di per sé un cofattore di progressione.

Al momento non esistono evidenze per terapie specifiche. Vari farmaci (metformina, pioglitazone, vitamina E, statine) hanno mostrato in alcuni studi miglioramenti di marker surrogati ma non vi sono evidenze sulla riduzione della progressione di malattia.
Le statine, frequentemente utilizzate nei pazienti con NAFLD, portatori in genere di diversi fattori di rischio cardiovascolare, sono sicure e non dovrebbero essere evitate in presenza di aumento lieve o moderato delle transaminasi. Non ci sono invece evidenze sulla loro sicurezza nei soggetti con valori elevati: in questi può essere utile la consulenza dell’epatologo.


Giampaolo Collecchia


Bibliografia

1. Sattar N et al. Non-alcoholic fatty liver disease. BMJ 2014; 349: g4596 doi: 10.1136/bmj.g4596


 
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