Le annotazioni del medico tirocinante nella cartella clinica, pur godendo questi di autonomia professionale non sono da considerarsi definitive e possono essere modificate dal medico di ruolo senza per questo incorrere nel reato di falso. Si torna sul concetto dell’ autonomia vincolata. (Cass. 3336/2023)
Un medico strutturato in reparto di ginecologia era stato condannato dal Tribunale di merito per il reato di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 476 cp).
L’ accusa derivava dal fatto che lo specialista aveva apposto alcune correzioni ed integrazioni all’interno della cartella clinica di una sua paziente già compilata da un Medico in formazione, intervenuto mentre egli non era in turno. Tali modifiche avevano comportato modiche nell’ iter terapeutico, in particolale l’ anticipazione di intervento chirurgico di taglio cesareo. Il medico aveva ammesso la sua condotta, giustificandola con la necessita’ di correggere o integrare elementi imprecisi riportati del tirocinante. Alla base del rinvio a giudizio si citava anche precedente giurisprudenza (Cass. n. 55385 del 22/10/2018): “Integra il reato di falso materiale in atto pubblico l’alterazione di una cartella clinica mediante l’aggiunta, in un momento successivo, di una annotazione, ancorché vera, non rilevando, infatti, a tal fine, che il soggetto agisca per ristabilire la verità, in quanto la cartella clinica acquista carattere definitivo in relazione ad ogni singola annotazione ed esce dalla sfera di disponibilità del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata.”.
Da sottolineare il fatto che non rilevi se le modifiche rispondano a verita’, ma configura reato il semplice fatto di modificare quanto gia’ scritto.
Condannato in primo grado, il medico veniva assolto in appello ma il Procuratore generale presso la Corte di Appello a sua volta ricorreva in Cassazione ribadendo i motivi che a suo parere, richiedevano una condanna.
La Suprema Corte respinse il ricorso precisando innanzitutto che nella circostanza, lo specialista non avesse rappresentato, nelle sue modifiche, delle situazioni non vere per cui non si poteva ravvisare l’ aspetto del falso ideologico. Tuttavia, veniva sottolineato anche quanto rappresentato dalla corte di merito: lo specialista quale responsabile della prestazione sanitaria, aveva ogni potere di verifica e di integrazione delle annotazioni stesse, materialmente poste in essere da uno “specializzando”, ma riferite alla prestazione da lui eseguita.
Gli Ermellini hanno ribadito quanto sostenuto dalle corti di merito, che “La formazione del medico specialista implica la partecipazione guidata alla totalità delle attività mediche dell’unità operativa presso la quale è assegnato dal Consiglio della scuola, nonché la graduale assunzione di compiti assistenziali e l’esecuzione di interventi con autonomia vincolate alle direttive ricevute dal tutore, d’intesa con la direzione sanitaria e con i dirigenti responsabili delle strutture delle aziende sanitarie presso cui si svolge la formazione. In nessun caso l’attività del medico in formazione specialistica è sostitutiva del personale di ruolo“. Era stato quindi gia’ sottolineato il concetto di “autonomia vincolata”.
Nella sentenza della Cassazione, si ricordava anche una pronuncia della Corte Costituzionale (n. 249 del 05/12/2018):
“La disciplina statale prefigura una progressiva autonomia operativa del medico in formazione, con la possibilità di eseguire interventi assistenziali, purché ciò avvenga con gradualità, in coerenza con il percorso formativo e comunque con la supervisione di un medico strutturato, preferibilmente il tutore (cosiddetta ‘autonomia vincolata’). D’altronde, pur volendo ritenere che non sia sempre necessaria la costante presenza fisica del tutor o di un medico di ruolo in ciascuna attività dello specializzando (cosa che neppure la legislazione statale prevede), l’autonomia di quest’ultimo non potrebbe comunque mai prescindere dalle direttive del tutore. In altri termini, l’art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999 coniuga due principi: il principio dell’insostituibilità del personale strutturato da parte dello specializzando e quello della sua graduale assunzione di responsabilità e autonomia operativa.”
La Corte di Cassazione riconosce, quindi, anche alla luce delle disposizioni della Corte costituzionale, che, ai fini della riferibilità al tutor delle attività svolte dal medico in formazione, non risulti affatto necessaria la costante presenza fisica del medico strutturato, non essendo ciò previsto dalla legislazione statale, posto che l’autonomia dello “specializzando” non potrebbe comunque mai prescindere dalle direttive del tutore.
IN CONCLUSIONE In sostanza, come emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, la cartella clinica contenente annotazioni materialmente redatte da un medico in formazione – sia in riferimento ad attività operatorie cui abbia assistito, sia in riferimento ad attività svolte nell’ambito della limitata autonomia prevista dalla normativa di settore, su indicazione o seguendo le direttive del tutor – non possono ritenersi definitive ed immodificabili prima del controllo del medico responsabile, bensì costituiscono un atto logicamente equiparabile ad una bozza, il cui autore formale può e deve essere ritenuto esclusivamente il medico strutturato che ha svolto l’attività o alle cui direttive ed indicazioni lo “specializzando” si è attenuto.
Quindi, pur non potendo sostituirsi al medico strutturato, il tirocinante invece può (e deve) svolgere le attività in autonomia secondo le direttive impartite, anche riguardanti la stesura di atti pubblici, come la raccolta anamnesi e la compilazione di cartelle cliniche o di atti operatori. Il suo operato deve tuttavia sempre essere controllato da un tutor, il quale invece ha la facolta’ e l’ obbligo di correggerlo, sempre nel completo rispetto della verita’.
Daniele Zamperini
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