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Lo scompenso cardiaco cronico
Pubblicato da dzamperini in data 15/02/2017 00:00
Medicina Clinica
 Una sintesi su sintomi, segni, diagnosi e terapia dello scompenso cardiaco cronico.


Mentre lo scompenso cardiaco acuto viene gestito in ambito ospedaliero, la forma cronica viene trattata, generalmente, in ambito extra-ospedaliero, dal medico di medicina generale in collaborazione con il cardiologo.

In questa pillola esamineremo gli aspetti essenziali di questa patologia seguendo lo schema classico: sintomi e segni clinici, diagnosi e terapia. Per la stesura ci siamo rifatti alle recentissime linee guida (marzo 2016) SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines Network) [1].

Le cause più frequenti dello scompenso cardiaco sono la cardiopatia ischemica e quella ipertensiva. Altre cause note sono le patologie valvolari, le miocardiopatia dilatativa e quella ostruttiva, la miocardiopatia alcolica, etc.

Classicamente lo scompenso cardiaco viene stratificato, in base alla presenza o assenza di sintomi, in quattro classi secondo la New York Heart Association (NYHA, classi da I a IV). Esiste però anche la classificazione dell'American College of Cardiogoly/American Heart Association che associa la presenza o assenza di sintomi alla presenza o assenza di alterazioni strutturali cardiache (classi da A a D).

Lo scompenso cadiaco inoltre viene classificato a seconda del valore della frazione di eiezione in scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta e scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata.

I sintomi che debbono far sospettare uno scompenso cardiaco sono: dispnea da sforzo o a riposo, ortopnea, dispnea parossistica notturna, facile affaticabilità, edemi malleolari, anoressia, aumento di peso, palpitazioni, tosse notturna, etc.

L'esame obiettivo evidenzia giugulari turgide, reflusso epatogiugulare, edemi malleolari, rumori umidi polmonari, tachicardia o aritmie, ascite, soffi cardiaci, galoppo cardiaco, terzo tono, etc.


In caso di sospetto scompenso cardiaco cronico i primi esami da eseguire sono un elettrocardiogramma e il dosaggio del peptide natriuretico di tipo B (oppure del pro-BNP N-terminale). Se entrambi questi esami fossero normali bisognerà pensare ad una diagnosi alternativa.

Le alterazioni elettrocardiografiche sono quasi sempre presenti ma non sono specifiche per lo scompenso cardiaco: fibrillazione atriale, battiti ectopici sopraventricolari o ventricolari, ipertrofia ventricolare sinistra, blocco di branca, presenza di onde Q, etc.

I peptidi natriuretici hanno una sensibilità superiore al 90% tuttavia la loro utilità è soprattutto quella di escludere uno scompenso cardiaco in caso di valori normali o di confermarlo in caso di valori molto elevati, mentre in caso di valori intermedi sono necessarie ulteriori indagini.

Nei casi di diagnosi molto probabile o incerta il passo ulteriore è la richiesta di un ecocardiogramma che permette di determinare la volumetria delle camere cardiache, la frazione di eiezione, lo stato delle valvole cardiache e la stima della pressione sistolica dell'arteria polmonare.

Un altro esame di prima scelta è la radiografia del torace che permette di evidenziare un aumento della trama broncovasale, espressione di stasi polmonare, l'esistenza di cardiomegalia e di escludere altre cause di dispnea.

Esami di secondo livello sono la risonanza magnetica cardiaca, la PET e la SPECT. Una coronarografia dovrebbe essere eseguita quando si sospetta che la causa dello scompenso cardiaco sia di natura ischemica.

I due cardini della terapia farmacologica dello scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta sono i betabloccanti e i farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina (aceinibitori e antagonisti del recettori dell'angiotensina).

Nel caso di persistenza dei sintomi nonostante terapia ottimale con betabloccanti e acenibitori o sartani si deve aggiungere un antialdosteronico (a meno che non sia controindicato dalla presenza di nefropatia avanzata o iperpotassiemia).


Se anche l'aggiunta dell'antialdosteronico non ottiene la remissione dei sintomi si deve considerare l'uso del sacubitril/telmisartan (previa sospensione dell'acebinibitore o del sartano). Il sacubitril appartiene ad una nuova classe di farmaci, gli inibitori della neprilisina [2].

L'ivrabadina dovrebbe essere presa in considerazione in pazienti che nonostante terapia ottimale si sono ricoverati per scompenso cardiaco nell'anno precedente, che sono in ritmo sinusale ed hanno una frequenza cardiaca superiore a 75 bpm nonostante terapia massimale con betabloccante.

Un defibrillatore cardioverter impiantabile (ICD) oppure una terapia risincronizzante con pacing o con ICD deve essere presa in considerazione nei casi di prolungamento dell'intervallo QRS oppure nei casi ritenuti a rischio di morte cardiaca improvvisa.

In una pillola precedente, che consigliamo di consultare per ulteriori particolari, erano state recensite le linee guida della Società Europea di Cardiologia [3].



Renato Rossi



Bibliografia


1. SIGN Guideline n. 147. Management of chronic heart failure.

2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6165

3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5516

 
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