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Angioplastica coronarica, riserva frazionata di flusso
Pubblicato da dzamperini in data 09/06/2022 11:00
Medicina Clinica



La PCI guidata dalla misurazione frazionale di flusso è stata studiata in alcuni trial clinici con risultati contrastanti.


La coronarografia rappresenta il gold standard per la valutazione dell'albero coronarico. Tuttavia presenta alcuni limiti. Anzitutto la stima di un'eventuale stenosi può essere operatore-dipendente. Inoltre, soprattutto nelle coronaropatie croniche, è importante determinare quanto sia critica una stenosi nel provocare ischemia. La coronarografia standard non permette di determinarlo. Per superare questo problema si ricorre alla determinazione della riserva frazionale di flusso (FFR = fractional flow reserve): in pratica si induce un'iperemia massimale (ottenuta generalmente tramite l'impiego di adenosina in infusione continua con catetere in vena centrale oppure con iniezione intracoronarica) e si determina la pressione media a valle e a monte della stenosi.
In questa maniera si misura la frazione di flusso coronarico che è preservata nonostante la stenosi.
In un vaso senza stenosi la FFR è uguale a 1. Per valori superioi a 0,80 si ritiene che la stenosi non sia funzionalmente importante, per valori inferiori a 0,80 la stenosi è da ritenersi critica dal punto di vista funzionale.
La FFR viene effettuata durante coronarografia tramite un catetere guida (di solito diverso dal catetere diagnostico) attraverso cui viene inserito il sensore di pressione.

Nello studio DEFER [1] sono stati arruolati 325 pazienti affetti da coronaropatia stabile randomizzati in 3 gruppi: pazienti con FFR superiore o uguale a 0,75 in cui la PCI veniva differtita, pazienti con FFR superiore o uguale a 0,75 in cui veniva comunque eseguita la PCI e pazienti con FFR inferiore a 0,75 in cui la PCI veniva eseguita.
A un follow up a 5 anni gli esiti clinici (infarto e morte cardiaca) non differivano tra loro nei due gruppi a FFR superiore o uguale a 0,75, mentre nel gruppo a FFR inferiore a 0,75 la frequenza era maggiore.

Nello studio FAME 1 [2] sono stati reclutati 1005 pazienti con coronaropatia multivasale suddivisi in due gruppi: un gruppo eseguiva la coronarografia e PCI guidata solo dal quadro angiografico, un altro PCI guidata da FFR con valore decisionale posto a 0,80. Dopo il follow-up di 1 anno la frequenza di eventi avversi gravi (morte, infartro, necessità di rivascolarizzazione) risultò maggiore nel gruppo randomizzato a sola coronarografia con eventuale PCI ma senza misurazione del FFR (18,3% versus 13,2%).

Successivamente venne effettuato lo studio FAME 2 [3] in cui sono stati reclutati 1220 pazienti con coronaropatia stabile in cui vi era almeno una stenosi significativa misurata tramite FFR (inferiore a 0,80). I partecipanti sono stati randomizzati a PCI e terapia medica ottimale oppure a sola terapia medica ottimale.
Al follow-p a 1 anno l'endpoint primario (morte, infarto, ricovero per rivascolarizzazione urgente) risultò inferiore nel gruppo sottoposto a PCI rispetto al gruppo in trattamento medico.

Più recentemente sono stati pubblicati i risultati a un follow-up dello studio DEFER 1 [4] che confermano che differire l'angioplastica nei casi di stenosi funzionalmente non significative non comporta esiti peggiori rispetto alla PCI immediata.

Un follow-up a 5 anni dello studio FAME 2 [5] ha confermato i risultati a 1 anno: l'endpoint primario si era verificato nel 13,9% del gruppo PCI-guidata e nel 27% del gruppo terapia medica.

Nello studio FAME 3 [6] sono stati reclutati 1500 pazienti con coronaropatia di tre vasi (però senza interessamento del vaso coronarico principale sinistro) randomizzati a PCI guidata dal FFR oppure a by-pass coronarico. L'endpoint primario, valutato a 1 anno, comprendeva il decesso, l'infarto, l'ictus o la nencessità di nuova rivascolarizzazione.
Lo studio era di non-inferiorità. L'endpoint primario si verificò nel 10,6% del gruppo PCI-guidata e nel 6,9% del gruppo bypass. In pratica il trial non è riuscito a dimostrare la non inferiorità della PCI-guidata rispetto al bypass nei pazienti con malattia dei tre vasi.
E' stato ipotizzato che includere la necessità di rivascolatizzazione nell'endpoint può aver favorito il bypass perchè è noto che questo endpoint risulta più frequente con la PCI: per questo motivo avrebbe dovuto essere escluso.

Lo studio FUTURE [7] ha arruolato 927 pazienti con coronaropatia multivasale randomizzati a due diverse strategie: un gruppo, nel caso di stenosi superiori o uguali al 50%, veniva sottoposto a misurazione del FFR (e si procedeva a PCI o bypass nel caso di FFR inferiore a 0,80), l'altro gruppo era trattato con una strategia standard basata solo su parametri angiografici e senza misurazione del FFR. A 1 anno non vi era differenza per l'endpoint primario (eventi avversi maggiori cardiaci o cerebrovascolari) tra i due gruppi.
Lo studio però è stato terminato anticipatamente (doveva arruolare circa 1500 pazienti) così la sua potenza statistica può non essere stata tale da dimostrare una superiorità della strategia FFR-guidata.

Nello studio FLOWER-MI [8] sono stati reclutati 1163 pazienti affetti da infarto miocardico STEMI e malattia multivasale trattati con successo con PCI a livello dell'arteria responsabile del fatto acuto, randomizzati a rivascolarizzazione completa tramite PCI guidata dal FFR oppure dal quadro angiografico. L'endpoint primario (morte, infarto non fatale e necessità di rivascolarizzazione urgente) non differiva tra i due gruppi, anche se gli autori, a causa degli intervalli di confidenze molto ampi, non ritengono di poter trarre conclusioni definitive.

Che dire?
La mole di studi, qui riferiti solo in parte, che si sono occupati dell'efficacia della strategia basata sul FFR, con risultati in parte tra loro discordanti, rende difficile arrivare a conclusioni univoche. In parte i risultati diversi dipendono anche dalle diverse caratteristiche dei pazienti arruolati: pazienti con coronaropatia stabile o con infarto, pazienti con lesioni anatomiche diverse, ecc.
Per il momento la parola conclusiva non sembra ancora scritta e ulteriori contributi potranno meglio chiarire altri aspetti della questione. La malattia coronarica si presenta molto complessa e con quadri variabili e probabilmente non esiste una soluzione buona per tutte le stagioni: PCI guidata dal FFR o dal quadro angiografico? PCI o bypass?
La scelta dipende da molti parametri: quadro clinico, anatomia delle lesioni coronariche, comorbilità del paziente, preferenze del paziente sono solo alcuni degli aspetti che devono guidare la scelta.



Renato Rossi



Bibliografia

1. Pijs NH et al. Percutaneous coronary intervention of functionally nonsignificant stenosis: 5-year follow-up of the DEFER study. J Am Coll Cardiol 2007;49:2105-2111.

2. Tonino PA et al. for the FAME Study Investigators. Fractional flow reserve versus angiography fro guiding percutaneous coronary intervention. N Engl J Med 2009; 360:213-224.

3. De Bruyne B et al. for the FAME 2 Trial Investogators. Fractional Flow resrve-Guided PCI versus medical Therapy in Stable Coronary Disease. N Engl J Med 2021; 367:991-1001,

4. Zimmermann FM et al. Deferral vs performance of percutaneous coronary intervention of functionally non-significant coronary stenosis: 15-year folloe-up of rhe DEFER trial. Eur Heart J 2015; 36:3182-3188.

5. Panagiotis X et al for the FAME 2 Investigators. Five-Year Outcomes with PCI Guided by Fractional Flow Reserve. N Eng J Med 2018; 379:250-259.

6. Fearon WF et al. for the FRAME 3 Investigators. Fractional Flow Reserve- Guided PCI as compared with Coronary Byapss Surgery. N Engl J Med 2021 Nov 4.
DOI: 10.1056/NEJMoa2112299.

7. Chapon P et al. Fractional Flow Reserve to Guide Treatment of Patients With Multivessel Coronary Artery Disease. J Am Cool Cardiol 2021 Nov; 78: 1875-1885

8. Puymirat E et al. for the FLOWER-MI Study Investogators. Mutivessel PCI Guided by FFR or Angiography for Myocardial Infarction. N Engl J Med 2021 Jul 22; 385:297-308.

 
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