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Farmaci ipolipemizzanti per la prevenzione cardiovascolare
Pubblicato da dzamperini in data 14/01/2025 00:00
Medicina Clinica


Una revisione sistematica ha valutato l’efficacia di vari farmaci ipolipemizzanti per la prevenzione cardiovascolare primaria e secondaria.


Per la prevenzione cardiovascolare sono disponibili attualmente numerose classi farmacologiche. Ma quali terapie sono più efficaci? Per determinarlo è stata effettuata una cosiddetta “umbrella review” vale a dire una revisione sistematica di revisioni sistematiche. La ricerca ha permesso di ritrovare 76 revisioni sistematiche, di cui 30 sulle statine e 26 sugli inibitori del PCSK9. Nella umbrella review sono stati inclusi, in mancanza di revisioni sistematiche, anche 4 studi clinici randomizzati e controllati sui farmaci che agiscono sequestrando gli acidi biliari.

Sono stati valutati i seguenti tre outcome: eventi cardiovascolari maggiori, mortalità da cause cardiovascolari e mortalità totale.

L’analisi dei dati ha dimostrato che le statine, in prevenzione primaria, riducono in modo significativo la mortalità totale del 9%, quella cardiovascolare del 17% e gli eventi cardiovascolari maggiori del 25%. In prevenzione secondaria invece si ha una riduzione della mortalità cardiovascolare del 38% e degli eventi cardiovascolari maggiori del 20%. Si è osservata anche una riduzione della mortalità totale dell’1%, statisticamente non significativa.

Gli eventi cardiovascolari maggiori risultavano ridotti anche dall’ezetimibe (del 7%), dai PCSK9 inibitori (del 16%) e dai fibrati (del 14%), senza una riduzione della mortalità totale e cardiovascolare. I supplementi di omega-3 riducevano la mortalità cardiovascolare del 7% ma non gli eventi cardiovascolari o la mortalità totale. L’acido eicosapentaenoico da solo riduceva gli eventi cardiovascolari maggiori del 12% e la mortalità cardiovascolare del 18%.
L’aggiunta di fibrati a una statina non comportava una riduzione degli outcome valutati.

In prevenzione primaria solo le statine riducevano tutte e tre gli outcome: mortalità totale e cardiovascolare ed eventi cardiovascolari maggiori.

Per quanto riguarda gli eventi avversi associati all’uso delle statine sono da segnalare le alterazioni epatiche (aumento del rischio in termini relativi del 17%) e il diabete (aumento del rischio in termini relativi del 10%). Non vi era, invece, un aumento delle mialgie o di altri effetti avversi gravi.

Gli autori concludono che le statine riducono la mortalità totale del 10-15% e gli eventi cardiovascolari maggiori del 25% e che l’aggiunta a una statina di acido eicosapentaenoico, ezetimibe o PCSK9 inibitore comporta un’ulteriore riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori ma non della mortalità.

Sulla base di questi risultati si può calcolare anche il numero di soggetti che è necessario trattare per evitare un evento, numero che ovviamente dipende dal suo rischio basale di eventi a 10 anni. Per esempio se avessimo un paziente che non ha mai avuto eventi cardiovascolari e con un rischio calcolato a 10 anni di eventi cardiovascolari del 7%, una statina ridurrebbe il suo rischio del 17% in termini relativi. Passerebbe quindi dal 7% al 5,8% in termini assoluti. Il numero di soggetti che bisognerebbe trattare per 10 anni per evitare un evento sarebbe di 83.


Renato Rossi


Bibliografia

1. Dugré N, Lindblad AJ, Perry D, et al. Lipid-lowering therapies for cardiovascular disease prevention and management in primary care: PEER umbrella systematic review of systematic reviews. Can Fam Physician 2023; 69: 701-11.

 
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