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La sindrome cardionefrometabolica
Pubblicato da dzamperini in data 23/01/2025 00:00
Medicina Clinica


Un recente statement definisce una nuova entità nosologica: la sindrome cardionefrometabolica. 
La sindrome cardionefrometabolica (cardiovascular-kidney-metabolic, CKM) viene definita dall’American Heart Association (AHA) come un disordine sistemico caratterizzato da interazioni fisiopatologiche tra fattori di rischio metabolici, malattia renale cronica (chronic kidney disease, CKD) e sistema cardiovascolare (CV), in grado di provocare disfunzioni multiorgano ed elevata incidenza di malattie e mortalità CV.


La sindrome CKM comprende sia individui a rischio di malattie CV, a causa della presenza di fattori di rischio metabolico, CKD o entrambi, sia pazienti con malattia CV clinica.
La probabilità di sviluppare la sindrome è ulteriormente influenzata da condizioni contestuali sfavorevoli in termini di stile di vita e accesso alle cure per cause sociali, economiche e ambientali.

La sindrome CKM è una condizione progressiva che inizia nella prima fase di vita e origina comunemente dall’accumulo di tessuto adiposo in eccesso disfunzionale che secerne adipochine ad azione pro-infiammatoria e pro-ossidativa che danneggiano i tessuti arteriosi, cardiaci e renali, provocano insulino-resistenza e steatosi epatica associata a disfunzione metabolica (MAFLD), in precedenza chiamata steatosi epatica non alcolica (NAFLD), che amplifica la flogosi sistemica e l’insulino-resistenza. Nel tempo, queste condizioni fisiopatologiche facilitano lo sviluppo di aterosclerosi coronarica subclinica, danno d’organo miocardico e declino progressivo della funzione renale, predisponendo a un elevato rischio di malattie CV, insufficienza renale, disabilità e decesso.

La sindrome CKM può essere classificata in 4 stadi, a diversi livelli di gravità, definiti come segue:
stadio 0: assenza di fattori di rischio per la sindrome CKM (adiposità in eccesso/disfunzionale, fattori di rischio metabolici, CKD o malattie CV sub-cliniche o cliniche);
stadio 1: adiposità in eccesso e/o disfunzionale;
stadio 2: fattori di rischio metabolico, CKD a rischio moderato-alto o entrambi;
stadio 3: malattia CV subclinica sovrapposta ai fattori di rischio per la sindrome CKM o condizioni di rischio equivalenti come CKD a rischio molto alto o rischio CV a 10 anni molto alto;
stadio 4: malattia CV clinica sovrapposta ai fattori di rischio per la sindrome CKM. Lo stadio 4 è ulteriormente diviso in stadi 4a (senza insufficienza renale) e 4b (con insufficienza renale)

Lo screening della sindrome CKM prevede due approcci complementari: non solo lo screening dei fattori biologici (rischio metabolico, funzione renale, aterosclerosi subclinica, disfunzione cardiaca) ma anche quello dei determinanti sociali della salute allo scopo di migliorare l’efficacia delle terapie e promuovere l’equità delle cure.

L’approccio terapeutico è funzione dello stadio in cui si agisce.

-Nei pazienti in stadio 0 l’obiettivo è mantenere peso, glicemia, PA e profili lipidici normali fin dall’infanzia per ridurre al minimo il rischio di sviluppo di CKD e malattie CV.

-Nello stadio 1 l’obiettivo è ridurre il tessuto adiposo in eccesso o disfunzionale per prevenire lo sviluppo di fattori di rischio metabolico. Una riduzione del 5-10% del peso si associa infatti a miglioramenti di PA, glicemia e lipidi mentre una riduzione di almeno il 10% si associa a riduzione degli eventi CV. Farmacoterapie come gli agonisti del recettore del GLP1 (glucagon-like peptide 1 receptor agonist, GLP-1RA) riducono di oltre il 15% la perdita di peso e migliorano il profilo metabolico. La chirurgia bariatrica si associa a riduzione dei fattori di rischio metabolico, degli eventi CV e della mortalità.

-Nello stadio 2 l’obiettivo è trattare insieme i fattori di rischio metabolico (ipertensione, ipertrigliceridemia, sindrome metabolica, diabete) e la CKD, con l’obiettivo principale di prevenire la progressione verso la malattia cardiovascolare subclinica e clinica.

-Nello stadio 3 l’obiettivo è intensificare le misure preventive nei pazienti con malattia CV subclinica, CKD ad alto rischio o alto rischio CV predetto, per prevenire la progressione a malattia CV e insufficienza renale. La presenza di coronaropatia subclinica, evidenziata da un aumento del calcio coronarico, dovrebbe portare all’inizio della terapia con statine ad alta intensità. 
Altri trattamenti possono essere considerati in base al rischio di malattia aterosclerotica, inclusi l’aspirina, gli inibitori della PCSK9, gli omega3 per l’ipertrigliceridemia, la terapia antiipertensiva e gli agonisti del recettore del GLP1 (glucagon-like peptide 1 receptor agonist, GLP-1RA). Per i soggetti con disfunzione sistolica ventricolare sinistra subclinica è raccomandato il trattamento classico con ACE inibitori/sartani e beta-bloccanti e l’introduzione di inibitori SGLT2 nei pazienti diabetici. Per una trattazione esauriente delle diverse terapie si rimanda al riferimento bibliografico.

- Nello stadio 4a l’obiettivo è ottimizzare la gestione di pazienti con malattia CV, fattori metabolici e CKD, intensificando gli approcci terapeutici sopracitati. La gestione dello stadio 4b, che indica l’insufficienza renale, richiede i trattamenti specifici di tale condizione.

Riflessioni conclusive

Sul piano pratico è sicuramente importante e condivisibile l’invito ad un approccio olistico, comprendente i cosiddetti determinanti sociali della salute, perché la realtà biologica della malattia si inscrive sempre in una realtà sociale, economica e culturale che rappresenta, nel singolo individuo, un descrittore forte del rischio CV. Inoltre i fattori extra-clinici psicologici, sociali, familiari, le condizioni di svantaggio economico o culturale influiscono sulla gestione clinica del paziente in quanto richiedono azioni, da parte del medico ma non solo, per rendere effettivo il percorso diagnostico, terapeutico e di follow-up.

Come sottolineato dagli autori della corposa sinossi sono peraltro molte le lacune di conoscenza relative alla sindrome.
Sono necessari studi che includano per esempio la CKD, in genere sottorappresentata nei trial in ambito CV.

Deve essere stabilito come tenere conto della variabilità del rischio in funzione delle componenti della sindrome presenti nel singolo individuo, se effettivamente il rischio associato alla sindrome è maggiore di quello dovuto alla somma delle componenti, se il trattamento è diverso da quello dei suoi singoli componenti, si deve in pratica chiarire il valore clinico incrementale della diagnosi di sindrome CKM.


Giampaolo Collecchia


Bibliografia

Ndumele CE et al. A Synopsis of the Evidence for the Science and Clinical Management of Cardiovascular-Kidney-Metabolic (CKM) Syndrome: A Scientific Statement From the American Heart Association. Circulation. 2023;148:00–00. DOI: http://10.1161/CIR.0000000000001186

 
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